Il professore di sociologia, capace di disquisire a proposito del processo di accrescimento esponenziale di una zucchina nell’orto, come del rapporto percentuale tra coniugati e celibi nel Comune di Fossano degli ultimi cinquant’anni, che ricorda il famoso numero di Nepero come quello delle sue scarpe, sono certo che da domenica 25 ottobre 2020 sia stato chiamato ad offrire competenze, eleganza e passione a quel Dio che da sempre lo ha intrigato. Non solo perché il dogma era pane per i suoi denti (vallo a spiegare tu al sociologo che la Trinità sono 3 e anche 1!), ma soprattutto perché di Gesù Cristo è stato acuto ricercatore e poliedrico testimone.
Lo spirito investigativo che lo animava, unito alla sua spiccata intelligenza, lo spingevano a non dare nulla per ovvio a proposito di qualunque tema di attualità culturale, sociale ed ecclesiale; spesso faceva sentire la sua voce tramite le pagine del settimanale “La fedeltà”, ma non prima di essersi documentato, aver riflettuto e fatto sintesi. Il tempo dello studio e della lettura per lui erano sacri quanto una liturgia all’interno della quale però, se il paragone mi è consentito, quando era chiamato ad offrire parole mai lo abbiamo ascoltato fare una “predica” ma sempre risonanze gentili del suo pensiero. Quanto abbiamo bisogno in tempi così difficili di persone come lui, capaci di uno spirito caparbio e cortese nello stesso tempo!
In questi anni, ho avuto la fortuna di confrontarmi con lui su alcune questioni calde, presenti nel dibattito ecclesiale, e nelle sue parole trovavo sovente come una specie di “miniera di pietre preziose” fra le quali gliene ho sempre invidiate due: la tenacia con incastonato il garbo, e l’elasticità del pensiero contornato dal desiderio di conoscenza.
L’immagine più bella che ricordo dell’amico (assieme a quelle con Giorgina, vicini di camper fino all’agosto scorso a Vinadio) è di qualche anno fa, in occasione di una ricerca sociologica a proposito di persone separate o divorziate, i cui dati avevamo raccolto al termine di alcune Messe domenicali scelte a campione, rigorosamente con metodo scientifico come da lui indicato. Mentre le persone sedute nei banchi della Cattedrale di Fossano compilavano i questionari, vedevo Gino incedere lentamente, petto in fuori e sguardo fiero lungo il corridoio centrale: non esagero, ma sembrava di vedere “un principe a cavallo” osservare orgoglioso la gente del suo maniero alle prese con una prova da superare, sicuro di poter contare sulla loro buona disposizione! Sì, il sociologo anche senza la conferma dell’algoritmo, sapeva avere fiducia in chi incontrava e questo lo rendeva capace di dialogo con chiunque.
Gino carissimo, non appena le lacrime lasceranno i nostri volti e la tristezza i nostri cuori, faremo tesoro dello stile del ricercatore, della passione del professore e della simpatia del campeggiatore, continuando con un amico in più nel Cielo la nostra ricerca, il nostro studio e le nostre vacanze.
Con affetto e gratitudine.
Paolo Tassinari