Chiesa in prima linea con la Pastorale dei migranti

Un incontro con varie realtà che operano nell’ambito dell’accoglienza e dell’integrazione

Dal 19 al 23 maggio una delegazione di Pastorale Migrantes del Piemonte ha preso parte ad una visita, pellegrinaggio, gemellaggio nel territorio di alcune diocesi della Campania, particolarmente segnate dal fenomeno dell’immigrazione: Napoli, Castelvolturno, Caserta, Benevento, Salerno…  Sono stati giorni intensissimi di incontro con varie realtà che operano nell’ambito dell’accoglienza e dell’integrazione.

La Pastorale Migrantes, come tutte le pastorali che una chiesa locale fa nascere e mette in atto, appare come un organismo che propone attività, animazione, metodi di evangelizzazione con e per i migranti. In realtà, e questa è stata l’esperienza che abbiamo vissuto, la Migrantes sono le persone che nello spirito della carità, dell’accoglienza e della comunione ecclesiale si dedicano a questa parte dell’umanità, strappata ad un paese, a relazioni familiari e di amicizia per provare a ricostruire una nuova possibile vita. La Migrantes è fatta anzitutto da persone che nell’ottica della stessa pastorale, dedicano la vita agli altri con generosità, competenza e vero spirito evangelico. In queste righe provo a mettere in luce una di queste belle persone, espressione di una chiesa in prima linea.

Abbiamo incontrato Simone il mattino di martedì 20 maggio. Nativo di Parma, religioso dei Fratelli delle Scuole Cristiane (Lassalle) vive con due confratelli a Scampia e ogni giorno si reca a far visita e ad incontrare i Rom del Campo Nomadi a Giugliano, ai margini della città metropolitana. Subito stende su un tavolo la bandiera Rom distinta in due parti, di colore azzurro (il cielo) in alto e verde (la terra) in basso e al centro la ruota simbolo dei nomadi, popolo sempre in viaggio. Nel campo di Giugliano comprendiamo che il viaggio non è soltanto quello fatto da questo popolo, che parla la propria lingua, agli inizi degli anni novanta del secolo scorso in fuga dalla Bosnia-Erzegovina, nel teatro della guerra dei Balcani. Il viaggio è anche quello relativo ai continui sgomberi, da un terreno all’altro, 14 negli ultimi anni, l’ultimo nella notte della scorsa Pasqua, e Simone era con loro, mente e braccia, per non lasciarli abbandonati a sé stessi. L’inettitudine delle istituzioni nel non voler dare soluzione al problema, non fa che favorire nel campo dove vivono 500 persone, degrado, povertà, illegalità… sono analfabeti. È ancora Simone a mostrarci il terreno, di proprietà della Regione, che sta pensando di proporre ai Rom, perché a breve dovranno sgomberare anche quello adesso occupato. Guardo Simone, il suo modo delicato con cui abbraccia i bambini del campo e ci dice: “Vedete? Braian – e gli stampa un bacio sui capelli – quest’anno sarà riuscito a fare 5 giorni di scuola!” E poi abbraccia una bambina di una decina di anni , “E Veronica … forse è andata a scuola 6 giorni!”. Sappiamo che questo è il suo cruccio: la scolarizzazione dei bambini. Ogni giorno viene al campo con il suo pulmino e carica i bambini che le mamme hanno preparato e li porta nelle scuole della città. Nel pomeriggio ripassa a scuola e riporta i bambini al campo. La Diocesi e Fondazione Migrantes lo supportano: le istituzioni sono lontane! Simone non ha tempo per stare con noi, perché al campo si avvicinano mamme con i loro problemi, anche riguardanti la salute o la necessità di qualche documento. Una ragazzina, sì e no di sedici anni, incinta e con un piccolo per mano, gli chiede come fare per avere accesso ad un ambulatorio. Simone ascolta e poi le dice: “Domani ti darò una risposta!”. Ci porta in un secondo campo Rom, più piccolo dove ha chiesto ad una donna di prepararci qualcosa da mangiare con i sapori Rom. Vasìla, così si chiama la donna di una quarantina di anni, con la figlia e i nipoti ci rallegrano con la loro ospitalità. Non vediamo uomini e Simone commenta: “La maggior parte è in prigione!”. Più tardi rientrando verso la città, Simone si ferma ad una scuola di religiose e fa salire tre bambini (due fratellini e un cugino) che hanno terminato l’orario di scuola. Staranno con noi per la pizza che abbiamo in programma. Simone si siede al tavolo con loro, parla, ride… si sente che vuole loro bene, è uno di loro! A notte avanzata Simone ci lascia alla nostra destinazione e con il suo mezzo riparte per lasciare i tre bambini nel campo Rom. Domani ricomincerà, se quelli o altri bambini saranno pronti per un nuovo giorno di scuola.

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