A metà febbraio ’22, il gruppo di coloro che nell’autunno scorso aveva partecipato ai laboratori “Storie in trasformazione”, assieme ad alcuni amici che negli anni scorsi hanno preso parte alle inizaitive del progetto “L’anello perduto”, si sono incontrati col diacono Paolo per condividere il vissuto di questo periodo e per avanzare nuove proposte di lavoro insieme. Viene qui condiviso il verbale della serata e le nuove proposte.
Vorrei aprirmi a nuove relazioni ma ho paura; mi spaventa poter rivivere sensazioni brutte. Vorrei rimettermi in gioco ma temo accada di pensare: “… quell’atteggiamento, quel modo di fare di lui/lei mi ricorda qualcosa di poco piacevole…”.
È vero che dobbiamo proteggere i figli dai nostri litigi, ma è anche vero che dobbiamo imparare a proteggere noi stessi da loro, specie quando sono piccoli e ingenui, perché possono ferirci (“… ma lo sai che la compagna di papà è proprio simpatica e carina??”). Può capitare la stessa cosa anche quando poi crescono. E’ necessario proteggersi dalle persone che ci vengono a raccontare del nostro ex, e da noi stessi; non dobbiamo farci del male (cercare l’ex sui social o gli stati del telefono).
Occorre coltivare un “sano egoismo” cioè scegliere di fare qualcosa per me, dedicarmi tempo e spazi dove riprendermi in mano ed esserci a me stesso; perchè il “me” rimane anche quando poi i figli una volta cresciuti lasceranno vuoto il nido; io non posso lasciarmi risucchiare da quel vuoto e pertanto devo attrezzarmi fin da ora.
Ogni solitudine è diversa: nel vuoto creato da un affetto mancato, posso inserire sport, teatro, cinema e quant’altro voglio ma prima o poi devo mettere mano a quelle sensazioni e dare loro un nome. Un vuoto affettivo non si colma con le amicizie: sono certamente fondamentali e guai a non cercarle, tuttavia quel tipo di vuoto che sentiamo tende all’incontro concreto e corporeo con un tu più che amicale. Non posso riempire il vuoto creato da un affetto mancato con il lavoro o le giornate piene…. perchè quel vuoto resterebbe! Un primo passo può essere coltivare amicizie, prendersi cura di altri, spendersi per qualcosa di nobile (questo non colma il vuoto, ma sicuramente aiuta a stare bene, sicuramente ci arricchisce e ci apre nuove prospettive); poi, se la nostra vocazione è di vivere in coppia, allora ci sarà il momento di investire in un nuovo rapporto di coppia.
Una nuova relazione, si “cerca”? No, non la si cerca come si fa con un paio di pantaloni che possano piacermi o essere adatti a me; occorre mettersi in condizione di cercare una nuova relazione, esserne aperti, non precludersi questa possibilità e fuggire dalla staticità.
I condizionamenti dei contesti: familiare, sociale, ecclesiale. Quali modelli accompagnano le nostre scelte? Cioè mi sento libero di orientarmi a scelte eventualmente in contrasto con i miei genitori, con gli amici, con la chiesa? Oppure mi sento “ingabbiato” e non riesco a uscirne?
Ci sono opportunità nel ritrovarsi soli dopo la separazione perché ci si scopre con potenzialità prima inespresse e sconosciute; ma perché nel matrimonio non erano emerse come lo sono adesso? Perché prima mettevo meno in circolo nella relazione i miei bisogni ma anche le mie risorse e capacità? Come mantenere queste potenzialità e interessi anche in una nuova relazione? Come trovare equilibrio tra l’io e il tu in una nuova relazione? (quando si è ragazzini è molto più semplice e naturale…ora abbiamo già abitudini e bisogno molto più definiti).
In quale misura la solitudine è linfa nelle mie relazioni? È uno sbaglio pensare di bastare a sè stessi; è una sfida pensarsi in nuove relazioni.
“Vivo in una discreta tristezza”: fosse tanta ci si potrebbe preoccupare, invece è solo “discreta”; in realtà questa sensazione è una zona confort che non apre alle novità, è rifugiarsi in ciò che è noto e sembra confortevole (che però “coccola la tristezza” senza lasciarla andare via), difendendosi da esperienza diverse pre-giudicate come cattive, dannose, pericolose (piuttosto che mettermi in una situazione di rischio, scelgo di rimanere nella discreta tristezza).
Occorre uscire da una visione sacrificale della mamma/papà nei confronti dei figli i quali non sopportano vederci stressati o insoddisfatti; è una difesa non chiedere l’aiuto di nonni o amici per potersi dedicare una pizza con gli amici o una uscita serale. Dobbiamo ritagliare degli spazi per noi, e difenderli.
La paura non è necessariamente una nemica da combattere perché funziona come un campanello di allarme in certe situazioni: se si accende, ci fa percepire un pericolo dal quale è bene allontanarsi; se si attiva, io posso scappare. La sfida è diventare amici della paura (certo, senza cadere preda degli eccessi del terrore e dell’ansia). Se gestita la paura permette una discreta vigilanza, se gestita è una risorsa non un limite.
Come posso rapportarmi in modo sano, adulto e libero con la mia spiritualità ora che sono separato? Il mio essere credente, in che misura si è modificato dopo la separazione? Sento la chiesa come risorsa oppure ostacolo nella mia relazione don Dio? Qual è il mio vissuto a proposito?
Contributi arrivati via e-mail dopo l’invio dei testi qui sopra:
Andare a fondo su argomento solitudine… come affrontarla e come ricavarne aspetti positivi che la rendano gestibile sia se si è soli a livello di rapporto coppia sia se si presenta in fasi diverse della vita in cui si è in coppia ma si presenta per periodi più limitati. Come affrontare le paure del rimettersi in gioco praticamente cioè la tendenza a selezionare troppo a riflettere troppo togliendo leggerezza e spontaneità per esperienza già vissuta. Come si fa in una nuova relazione a trovare la giusta dimensione mantenendo indipendenza e il proprio sé. Gestione della fase egoista… me prima di esigenze ad esempio di familiari (es. madre). Come gestire le emozioni quando si continua a vivere nella casa di prima anche quando si inizia una nuova relazione, come riuscire ad amare la propria casa di nuovo.
Ho letto gli appunti che ci hai mandato e mi sembra tu abbia riassunto tutte le emozioni che sono venute fuori giovedì. Aggiungerei solo una mia proposta su cui discutere: insieme alle varie paure legate ad una nuova relazione metterei anche la paura di confondere i sentimenti; dopo aver provato un dolore così forte ci può essere il rischio di aver talmente bisogno di emozioni belle, che ci facciano ritrovare la voglia di guardare al futuro con speranza, da confondere il “come ci fa sentire” una persona con un sentimento vero e profondo?
Direi che sei stato molto preciso e attento, sebbene siano stati toccati tanti argomenti, tutti molto molto delicati. Personalmente il mio cuore mi porta a 3 questioni che sento in modo speciale: 1. la paura, che potrei avere davanti a nuove relazioni, il provare a rimettermi in gioco e tutto quanto ne deriverebbe (nonostante mi affidi a Dio chiedendo di avere ancora una possibilità…) 2. Il lavoro che devo fare per riprendere in mano la mia vita, in prospettiva di trovarmi solo quando anche i figli avranno la loro strada da percorrere… 3. Per ultima, ma non meno importante, sarebbe bello avere qualche spunto utile per evitare di “vivere nella discreta tristezza”… questo sentimento intriso di tutto e di niente ma che ti porta ad essere sospeso a mezz’aria…immobile, incapace di provare emozioni, quelle belle, che ti fanno sentire vivo. Forse mi son dilungato troppo, abbi pazienza, ma siccome sono credente, mi piacerebbe sapere che cosa sono Io, oggi, davanti a Dio, davanti alla Chiesa…un uomo divorziato è un uomo condannato? Dio può perdonarmi? nonostante io l’abbia tradito, pur non volendo, ma subendo una separazione e un divorzio che ho provato con tutte le mie forze ad evitare? Noi apparteniamo ad una categoria di diversi??…ma siamo sempre figli di Dio… Grazie Paolo.
Ho letto le varie cose emerse e per quanto riguarda la mia esperienza, oltre a condividere quelle già scritte, aggiungerei solo che dopo una separazione le debolezze di ognuno che già c’erano prima si amplificano e diventano a volte dei freni nella vita quotidiana. Per esempio se uno aveva paura a sperimentarsi anche in sfide nuove, per esempio sul lavoro, inconsciamente dopo una separazione ha ancora più paura a lanciarsi perchè teme di non riuscire o di fallire. Sono comunque emerse cose molto belle e profonde.
Osservazioni molto interessanti. Io mi trovo in una situazione di ricerca, ricerca di un nuovo equilibrio che inizialmente pensavo dovesse passare attraverso una nuova relazione ed invece ora ho accettato che parta da me solo. Non ho rinunciato all’idea di rifarmi una vita attraverso una relazione ma la mia serenità non dipende da ciò. È un piccolo passo di consapevolezza e crescita che è costato fatica ed errori. In questi giorni mi interrogo sul mio percorso di fede, da qualche anno in sofferenza o forse in trasformazione. Mai come oggi sento la Chiesa lontana dalle mie convinzioni e scoperte, non rinuncio però ad avere fede in Dio e nell’uomo. Il tempo insieme alle risorse economiche sono gli aspetti che mi mettono a dura prova in questi anni di separazione, i figli il mio rifugio è la mia motivazione. Leggendo i vostri appunti mi ha colpito molto lo scritto che si riferiva alla ‘modesta tristezza’, conosco la sensazione ma cerco di fuggirla perché sarebbe un enorme sconfitta per me; ma non è facile ed i tentativi di allontanarsi dalla tristezza a volte portano ad errori e ferite. Un insegnamento che porto con me, e che ho maturato in questi anni di separazione è: sono umano e limitato, ma non mi rassegno e vado avanti. Queste il mio punto di vista Paolo, mi chiedevi del mio percorso di fede, storia lunga, magari te la racconto a voce con l’aggiunta di un caffè.