Camminare con l’umanità di oggi

III domenica di Pasqua

At 2,14a.22-33; Sal 15; 1 Pt 1,17-21; Lc 24,13-35


Due discepoli disillusi sono in viaggio per Emmaus subito dopo Pasqua. Avevano sperato in Gesù, ma per loro, come per molti altri, la sua vita è stato un fallimento. Persa la fede e la speranza in Lui, lasciano la comunità dei discepoli a Gerusalemme e tornano a casa, anche se girano voci che Cristo è resuscitato dai morti.

Di cosa stanno parlando quei due? Probabilmente cercano di dare un senso al fallimento delle loro speranze, quando incontrano questo sconosciuto che domanda loro, appunto, di che cosa stanno parlando.

Il Risorto, qui nelle vesti di un viandante, ascolta le loro perplessità, la loro delusione, rabbia. Da questo atteggiamento, la Chiesa può imparare l’arte di mettersi in ascolto di ciò che le persone portano nel loro cuore. E forse anche la comunità cristiana può apparire come ‘straniera’ rispetto a ciò che la gente vive. L’umanità può dirci di non capire, di non comprendere i loro problemi, le loro difficoltà, le loro lotte e passioni.

E il Risorto cammina con loro.

Non credo che sia facile per i cristiani oggi camminare con le persone quando si allontanano dalla Chiesa e rifiutano le sue proposte. Non è facile farsi compagni di viaggio di chi attraversa il mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, dell’ignoranza e dell’indifferenza alla fede. Non è facile non tagliare i legami, non rompere i rapporti con chi la pensa diversamente da me, da noi. Il nostro condividere il viaggio dell’umanità che va verso le Emmaus odierne, aiuterà forse un giorno la gente a tornare indietro, a casa? Può darsi, ma al di là di questo è importante saper ascoltare i loro discorsi, conversare con loro.

Una prima domanda possiamo farcela: quali sono le persone che fuggono dalla comunità ecclesiale con cui possiamo camminare?

L’annuncio del Vangelo, l’esposizione delle Scritture – che il Risorto offre ai due discepoli – non può esimerci dalla capacità di ascoltare e conversare con l’umanità.

È interessante notare come Gesù sia in due posti contemporaneamente. È a Gerusalemme, il luogo della risurrezione; è al centro della comunità apostolica. Ma è anche con i discepoli che sono delusi e che scappano verso Emmaus.

Anche noi dobbiamo vivere in entrambi i luoghi. Dobbiamo essere a Gerusalemme e sulla strada per Emmaus. Essere nella Chiesa, ma nello stesso essere capaci di stare e anche identificarsi con chi si interroga e con i dubbiosi. Facciamo nostre le loro domande. Ci è chiesto di vivere nella tensione tra l’annuncio del Vangelo e le questioni del mondo, stare nel complesso dialogo tra la Chiesa e la Parola, il Vangelo e la realtà secolare, Gerusalemme ed Emmaus

I due, però, per quanto persone irrequiete che stanno scappando, invitano il Signore a fermarsi con loro, offrono a Dio un pasto e un letto per la notte. In un passo dell’Apocalisse si legge che il Risorto dice: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò a lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20)

Oltre che a conversare, alla comunità ecclesiale è chiesto di avere il coraggio di accettare l’invito a riposare con chi non è del nostro giro. Anche solo per provare il piacere di stare con loro.

Siamo qui al culmine: «quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora i loro occhi si aprirono e lo riconobbero, ed egli scomparve dalla loro vista» (Lc 24,30-31).

Questo è il gesto che ha fatto Gesù durante l’Ultima Cena, il tempo della disperazione più totale. La notte prima di morire, ha compiuto un gesto di speranza. Giuda lo aveva tradito, Pietro lo avrebbe presto rinnegato e la maggior parte dei discepoli sarebbe scappata. Quando tutto ciò che sembrava accadere erano umiliazioni e morte, Gesù ha dato un segno di speranza, che ripetiamo ogni giorno.

Come possiamo condividere la speranza eucaristica con coloro che si sentono delusi? Il cuore delle persone arde dentro di loro quando predichiamo e interpretiamo le Scritture?

Anche qui, la nostra predicazione può far ardere il cuore delle persone se riconosciamo la loro sofferenza, il loro dolore e lo abbracciamo nella storia di questo sconosciuto che cammina con noi ora, ovunque andiamo.

Il Risorto non soltanto illumina la strada in avanti, ma anche all’indietro. Non solo dischiude all’uomo un futuro, ma gli mostra anche il senso di ciò che ha già vissuto e vive.

 

 

 

Immagine: Georges Rouault, Sulla strada di Emmaus (1936)