2Cr 36,14-16.19-23; Sal 136; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21
Nella rivelazione del volto di Cristo è richiesto anche di guardare verso l’alto: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3, 14-15). Come nel segno innalzato da Mosè nel deserto si manifestava il Dio salvatore che interviene per guarire il suo popolo dall’incredulità, così nel Figlio dell’uomo innalzato verso il quale si volgeranno tutte le nazioni, si rivela il dono di Dio per la salvezza del mondo.
Il Gesù innalzato sulla croce è certo uno spettacolo drammatico, sconvolgente, davanti al quale preferiremmo abbassare i nostri occhi, perché lì noi scopriamo il male di cui l’uomo è capace, tutta la violenza e l’odio che possono abitare nel cuore dell’uomo, compreso il nostro.
Eppure è necessario guardare senza paura quello spettacolo, intuendo che il segreto del trafitto innalzato, altrimenti incomprensibile e assurdo, sta qui: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna».
Nell’uscita di Gesù da questo mondo, al modo dell’innalzato trafitto, apparve chiaro che il Figlio non era venuto per giudicare il mondo. Salì sulla croce così come si sale verso l’alto, verso Dio, affidando la sua vita nelle mani del Padre, manifestando insieme la propria libertà di donarla senza condizioni per amore di tutti gli uomini.
Dalle sue piaghe siamo stati guariti: solo dalle piaghe di Dio può sgorgare quell’acqua e quel sangue che risanano tutto ciò che in noi ci conduce alla morte.
La progressiva scoperta del volto di Dio è detta dall’evangelista Giovanni anche con una immagine che caratterizza il suo linguaggio e che rivela il dramma dell’incredulità, del rifiuto dell’uomo: «la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie».
Gesù è luce che illumina ed evidenzia le tenebre, fa chiarezza sulle situazioni umane. Ed è la luce perché rivela in modo definitivo la realtà dell’uomo e di Dio.
Che cosa è chiesto all’uomo?
Credere (3, 15.16), venire alla luce (3,20), fare la verità (3, 21).
Chi crede, ha trovato la sorgente della vita nell’amore gratuito di Dio; e dunque non teme di venire alla luce con le sue opere concrete, consumando la sua vita nella dedizione generosa ad una giustizia che non ha bisogno di giudicare gli altri per affermare se stessa.
Immagine: Monte Nebo (Giordania), la croce – dell’artista italiano Fantoni – anche simbolo del bastone di Mosè