«Venite a me, voi che siete stanchi e oppressi»

XIV domenica del tempo ordinario

Zc 9,9-10; Sal 144 (145); Rm 8,9.11-13; Mt 11,25-30

Gesù sta attraversando un momento non facile nel suo ministero: dalla prigione, infatti, Giovanni Battista manifesta tutti i suoi dubbi sull’operato dell’Agnello di Dio; la gente che il Maestro incontra – generazione incredula e infantile – fa i capricci; le città dove Gesù aveva operato i maggiori prodigi, in modo ingrato rivelano ostilità nei suoi confronti.
E in un momento critico del suo cammino, Gesù si rivolge all’Abbà con una preghiera di lode: «Riconosco, o Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai saggi e agli intellettuali e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché questa è stata cosa gradita davanti a te».
Certamente il linguaggio di Gesù va decodificato.
Sembrerebbe che Dio nasconda arbitrariamente la verità a saggi e intellettuali, mentre si riservi di comunicarla solo ai piccoli, ai poveri e agli ultimi. Come se ci fosse nelle parole di Gesù una condanna dell’intelligenza e un’esaltazione dell’ignoranza.
No! Dio attraverso Gesù si rivolge anche ai sapienti, agli intelligenti, a quelli che credevano di conoscere le Scritture… ma essi non accolgono la sua parola e così facendo induriscono orecchi e cuore.
Ecco come avviene il nascondimento delle cose di Dio.
San Paolo ha sperimentato questo scacco quando ha predicato di fronte ai saggi e agli intellettuali: «La parola della croce è stoltezza… Dov’è l’intellettuale? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo?» (1Cor 1, 17 – 25).
Il risultato della predicazione del Vangelo è folle!
Aderiscono a esso i poveri, gli ultimi, le vittime e gli scarti della società, quelli che non contano, mentre rigettano questo dono coloro che credevano di sapere e mettevano continuamente il Maestro alla prova.
Gesù guarda ai piccoli, ai poveri e li chiama beati: hanno creduto, minoranza benedetta in mezzo a tanti indifferenti e ad altri ostili.
Ma cosa sono «queste cose» che Dio ha nascosto ai saggi e rivelato ai piccoli?
Essenzialmente una: che Gesù Cristo è colui che racconta e narra Dio. Gesù sembra dire: io conosco il Padre, so com’è e ve lo racconto.
Per questo proprio in quell’ora si rivolge all’uditorio con un invito: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per la vostra vita. Il mio giogo, infatti è dolce e il mio carico leggero».
Gesù promette riposo a chi assume la sua proposta evangelica; invita ad affidare a Lui tutti i nostri affanni, fatiche, anche il nostro peccato.
È di aiuto mettersi davanti a Colui che ci conosce e ripetere alcune frasi del vangelo per trovare ristoro in quella Parola.
Anche se il giogo resta tale e il Maestro non toglie la fatica di portarlo. Diventare miti, umili, imparare ad amare come Gesù è un lavoro impegnativo, comporta sforzo e fatica.
Il riposo al quale siamo chiamati diventa anche un tempo per chiedere di vivere secondo lo Spirito Santo e non secondo la carne. Lo stare con Gesù è un riposo per avere la forza e il desiderio di vivere secondo il vangelo perché lì troveremo la pace, il riposo, ristoro.
Quindi, quando siamo affaticati, anche per delle nostre scelte errate, mettiamoci davanti a Gesù Cristo che ci conosce, che sa cosa abita il nostro cuore e ci ristora anche perdonando i nostri errori.
Ma il ristoro è anche in vista della ripresa di un cammino, dove nonostante le fatiche, hai intuito che se vivi non nell’egoismo ma nella carità, nel dono, nella mitezza, nell’umiltà trovi gioia e così impari sulla tua pelle che il giogo di Gesù è veramente leggero, rispetto a, quando portiamo quello pesante delle opere della carne.

 

 

 

Immagine: G. Rouault, Miserere