Una sequela povera ma grata

III Domenica del Tempo ordinario

Gn 3,1-5.10; Sal 25 (24); 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20

La vocazione può essere detta anche come un arrendersi a Dio, lasciare che sia la sua Parola ad avere la meglio su di noi (cioè sui nostri pensieri, progetti…).

In questo senso la vita di ogni uomo e di ogni donna è un dramma, perché implica una lotta, a volte dura, tra la libertà dell’uomo e la libertà di Dio. E in certi percorsi, che a noi sembrano insensati, a distanza di tempo è possibile scorgere una sorte di pedagogia divina che ci guida anche per strade tutt’altro che scontate.

Le letture di questa domenica, in tal senso hanno da dirci qualcosa.

La prima racconta la storia di Giona. Qual è il suo dramma? Che è un profeta scelto da Dio per andare ad annunciare a Ninive la misericordia divina. E lui, che preferisce essere un profeta di sventura, fugge da questo compito.

Giona sembra essere malato di «ri-sentimento»: cioè un sentire di rancore, di irritazione (che nella vita ci sta) ma che è «RI», ri-petuto, cioè amplificato all’eccesso tant’è che Giona arriverà a desiderare la morte. E Dio nei suoi confronti adotterà una duplice terapia curativa: una «umida» – il mare e il ventre del pesce – e l’atra «secca» – la pianticella di ricino dove Giona troverà riparo nel deserto.

Giona piuttosto che annunciare la misericordia divina a quella città peccatrice, preferisco morire. Lotta con Dio il profeta, come Giacobbe, fino a quando si arrende alla sua missione, vocazione.

E Ninive si converte al Dio che è Salvatore, sì per aver liberato Israele dalla schiavitù dell’Egitto, ma anzitutto perché perdona.

Ma questa misericordia attende la risposta dell’uomo.

«Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».

La misericordia divina oramai si è fatta visibile nella storia di Gesù, non solo più nell’annuncio dei profeti. È san Paolo che sottolinea quest’aspetto: «Il tempo si è fatto breve». Come a dire: non aspettare a rispondere, a convertirti.

Nel vangelo secondo Marco il racconto della risposta dei primi discepoli alla chiamata è ridotto all’essenziale: Gesù passa, vede e chiama; qualcuno ascolta e prende sul serio la sua parola. E «subito, lo seguirono».

Leggendo il vangelo secondo Marco si ascolterà più volte l’avverbio «subito», quasi a dire l’urgenza di una risposta.

Poi quella risposta sarà fragile, povera e la misericordia di Dio che il discepolo annuncia ad altri deve invocarla su di sé.

La vocazione è un’avventura piena di grandezza ma anche di miseria.

Pensiamo alla vicenda di questi primi quattro chiamati: Pietro, sul quale Gesù aveva riposto molta fiducia, non sempre capisce tutto e così Andrea, Giacomo e Giovanni in molte situazioni fraintenderanno il messaggio evangelico.

Coloro che all’inizio «abbandonato tutto seguirono Gesù», alcuni anni dopo «abbandonato Gesù, fuggirono tutti».

Per questo s’invoca da parte di Dio tanta misericordia su di sé e sugli altri e si ringrazia perché, nonostante tutto, si cammina ancora nella sequela del Maestro cercando, giorno dopo giorno con il suo aiuto, di seguirlo.