Dn 7.9-10.13-14 Sal 96; 2Pt 1,16-19; Mt 17,1-9
Il timore suscitato in Pietro, Giacomo e Giovanni da ciò che accade sul monte Tabor, nel vangelo secondo Matteo è collocato quando i discepoli ascoltano la voce del Padre, che a sua volta li invita ad ascoltare la voce del Figlio amato.
Versioni diverse negli evangelisti nel porre il momento culminante di quanto accade sul Tabor e che genera paura nei discepoli: per Luca è l’ingresso nella nube, per Marco è la visione, per Matteo è l’ascolto.
Una prospettiva simile a quella di Matteo la si può riscontrare nella seconda lettera di Pietro, in cui l’autore – ricordando quanto è accaduto sul monte – concentra l’attenzione sulla parola di Dio ascoltata. Non c’è cenno al volto e alle vesti di Gesù che diventano splendenti, all’apparire di Mosè e di Elia, al segno della nube che avvolge Gesù e i suoi compagni. L’attenzione si fissa sulla voce del Padre e sulla sua parola.
Possiamo dire che in questo modo, l’autore della seconda lettera di Pietro rilegge l’esperienza del Tabor e l’attualizza sia per la sua comunità che per tutti i cristiani delle generazioni successive. Anche noi, come loro, non possiamo più salire con Gesù sul monte Tabor; possiamo però ascoltare la Parola di Dio e accogliere la potenza di trasformazione che opera nella nostra vita.
Di questa parola l’autore della lettera mette in luce tre aspetti:
- anzitutto, è una parola che discende dal cielo (v. 18);
- secondo, è una parola che brilla nella notte (v. 19a);
- infine, è una parola che sostiene l’attesa (v. 19b).
- È da notare che la scena della Trasfigurazione ha un movimento di ascensione, un salire. Gesù prende con sé i suoi tre discepoli e li conduce su un alto monte. Ma quando giungono sul monte, dopo questa salita, i discepoli fanno esperienza di ciò che discende. La parola discende, la nube discende su di loro e li avvolge nella sua ombra… L’esperienza di Dio non è conquista dello sforzo umano; è discesa, è dono, è consegna gratuita.
La potenza di cui si parla all’inizio della seconda lettura è da leggere non soltanto perché il Signore viene con potenza, ma soprattutto perché il Signore manifesta la sua potenza venendo, facendosi prossimo alla nostra storia, alla nostra carne, alla nostra umanità. La potenza di Dio è venuta, discesa, e si manifesta nella debolezza della carne umana, nell’ordinarietà della nostra vita.
- La parola che discende è anche una parola che brilla nella notte. Una parola che rischiara l’oscurità del cammino, illumina i passi quando rischiano di smarrirsi, conforta, incoraggia, custodisce dalla minaccia delle tenebre. Illuminando il nostro cammino, la parola di Dio nutre anche la nostra speranza, sostiene la nostra attesa, ci fa attendere il nuovo giorno, già come figli della luce, come figli del giorno, anche se per il momento siamo ancora nella notte.
- L’autore della seconda lettera di Pietro, inoltre, afferma che dobbiamo attendere sia che spunti il giorno, sia che la stella del mattino sorga nei nostri cuori. La stella che annuncia il nuovo giorno, non deve sorgere soltanto in un cielo sopra di noi; deve sorgere in quel cielo interiore che è dentro ciascuno di noi. E questa stella del mattino è il Signore Gesù che abita in noi per mezzo dello Spirito, potenza che trasfigura anche la nostra vita.
Come lo sguardo del Padre si compiace del Figlio, allo stesso modo quello sguardo si posa su ciascuno di noi. Come la sua parola, anche lo sguardo di Dio scende e si posa di noi, brilla nella oscurità della nostra vita, fa sorgere la stella del mattino dentro di noi, per poter essere contenti di contemplare il volto del suo Figlio Unigenito.
Prima ancora di essere noi a vedere, nella trasfigurazione ascoltiamo la parola del Padre che ci vede e posa su di noi il suo sguardo di compiacimento. Uno sguardo che ci trasforma e ci fa essere nella luce.
Signore, tu mi scruti e mi conosci…
Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti…
Se dico: «Almeno le tenebre mi avvolgano
e la luce intorno a me sia notte»,
nemmeno le tenebre per te sono tenebre
e la notte è luminosa come il giorno;
per te le tenebre sono come luce. (dal Salmo 139)