Nel deserto ognuno incontra la sua prova

I Domenica di Quaresima

Gen 9,8-15; Sal 25 (24); 1Pt 3,18-22; Mc 1,12-15

Dal racconto del battesimo a quello della tentazione di Gesù, il passaggio nella narrazione di Marco è molto rapido.

Il primo si presenta come un momento pacato, anch’esso offerto con poche parole; poi l’atmosfera e il ritmo cambiano all’improvviso: lo Spirito compie dunque un’azione decisa, quasi violenta, in apparente contrasto con il proprio modo di agire consueto, evocato dalla colomba; e cambia all’improvviso anche il paesaggio: «subito» dopo il battesimo Gesù è «scagliato» o «gettato» nel deserto.

Il deserto diventa lo sfondo della tentazione, e il richiamo alle prove dell’esodo cui fu sottoposto il popolo viene spontaneo.

Il deserto, poi, è popolato di bestie selvatiche (tra queste anche leoni, benché ciò che spaventava di più fossero rettili e scorpioni). Questo dettaglio delle bestie selvatiche (1,13) è variamente interpretato: c’è chi vede in esse un’allusione alla realtà fisica del deserto, chi invece vede la ricomposizione della realtà edenica, quando l’Adam viveva insieme agli animali, soprattutto in considerazione della presenza degli angeli.

Segno della desolazione o segno dell’età messianica, le fiere possono rimandare al salmo 91, che aveva significato messianico o tra i salmi usati contro i demoni.

Il deserto ha varie valenze simboliche non proprio positive: luogo di pericoli, di demoni, di silenzio divino, di prova. È nel deserto che nasce Israele (Os 11,1ss), attraverso tentazione, disobbedienza e correzione divina, e Gesù va rifacendo l’esperienza della prova al modo di Israele.

È questo un aspetto drammatico della sua vita su cui Marco non si ferma più di tanto, così come non parla del digiuno, mentre ricorda la tentazione con un participio presente (peirazomenos, v. 13) che fa pensare a una continuità della prova per i quaranta giorni.

E dato che questo verbo comparirà a più riprese (39 volte nel Nuovo Testamento), assieme al sostantivo «prova» (21 volte), c’è da chiedersi se non si tratti di un’esperienza che percorre tutta l’esistenza.

E la prova seria deve ancora venire e non riguarderà Gesù solo, per il quale il culmine sarà nel Getsemani e nella morte, ma anche i discepoli e i credenti che verranno. Lo ritroviamo infatti in Mc 14,38 («Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole»).

La prova è un motivo che attraversa tutta la storia salvifica, tenendo unite le esperienze dei patriarchi, di Israele, dei salmisti e dei sapienti fino a Gesù.

Detto altrimenti, è un’esperienza dove ognuno può riconoscere un momento della rivelazione divina e una chiamata. «Matteo e Luca si premurano di precisare che essa riguarda i desideri, la ricchezza, il potere, le cose del mondo (1Gv 1,15) – scriveva la biblista Stefania Monti – Marco lascia che ognuno incontri la sua prova».

 

 

Immagine: Due leoni stilofori del protiro del Duomo di Modena