Es 24, 3-8; Sal 115; Eb 9, 11-15; Mc 14, 12-16. 22-26
Per l’ultima volta Gesù siede a tavola con i suoi discepoli e ne è consapevole: «In verità vi dico, io non berrò più del frutto della vite…».
Ognuno di noi nella vita fa i conti con «l’ultima volta», in particolare quando muore una persona cara e con la memoria si torna indietro per cercare le ultime volte: l’ultimo incontro, l’ultima parola, l’ultimo compleanno e tante altre cose ultime.
E nonostante la nostra fatica a fare i conti con le cose ultime, si cercano poi nel ricordo proprio quelle per scorgere in esse un messaggio, un testamento, una parola che – detta con la consapevolezza d’essere l’ultima – possa ora essere ricordata come quella che vale e resta viva per il presente.
Nelle parole e nei gesti di Gesù, invece, sembra di scorgere un’attenzione accentuata alle cose ultime. Come nel vangelo di Luca (22, 15) quando dichiara all’inizio della cena: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della passione», oppure quando dice: «Sono venuto a portare il fuoco sula terra; e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto» (Lc 12, 49).
Ma come può essere intesa questa ricerca impaziente delle cose ultime da parte del Maestro?
Non sicuramente va colta come un sospetto desiderio della fine, nato da stanchezza e sfiducia, o dal dubbio verso il valore di tutte le cose. La ricerca delle cose ultime è invece in Gesù ricerca di Dio, della vita umana finalmente compiuta e vera nel mistero del Padre. Del resto la stessa vita umana se vuole essere compiuta deve volere le cose ultime, deve cercare gesti che trovano il loro senso se deposti nel segreto di Dio.
In questa luce possiamo cogliere come il gesto dell’ultima cena costituisca la sintesi di tutta la vita terrena di Gesù: non solo della sua imminente passione e morte, ma anche della moltiplicazione dei pani, della guarigione i molti malati, del perdono annunciato ai peccatori, e delle parole severe verso chi non riconosceva la verità delle sue parole e dei suoi gesti.
Con quell’ultimo gesto Gesù sembra dire che «tutta la mia vita con voi è stata un dono e un annuncio», il dono più grande che il Figlio di Dio fatto uomo possa fare ai suoi amici: l’annuncio della prossimità di Dio alla loro vita, e che la sua imminente morte non deve significare per i discepoli una delusione. «Di fronte all’ultimo nemico, e oltre la morte, cercate la presenza dell’Eterno».
«Della gloria futura è dato a voi un pegno»: così dice la preghiera O sacrum convivium di san Tommaso.
Non cerchiamo nell’Eucaristia soltanto un aiuto alla vita presente, ma chiediamo anche che il Signore ci offra, con il suo corpo e il suo sangue, un pegno della gloria futura e della vita che non ha fine, per non avere troppa paura delle cose ultime.
«Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta»: l’eucaristia è la cena di coloro che sono affamati, di coloro che sperano e aspettano che Qualcuno venga a dare pienezza ai loro giorni.
Immagine: André Derain, L`Ultima Cena di Gesù, 1911