Migranti, ancora emergenza. No all’indifferenza

Una preghiera per i «tanti sfollati, tanti uomini, donne, bambini cacciati via a causa della guerra,
tanti migranti che chiedono rifugio nel mondo, e aiuto» è stata chiesta da Papa Francesco al termine
dell’Angelus del 1° marzo.
Quanto sta accadendo alle frontiere esterne dell’Unione Europea è inaccettabile e non deve restare
nell’indifferenza. Migliaia di persone stanno cercando disperatamente di attraversare il confine turco
ma al di là trovano i militari greci a sbarrare la loro strada. Inoltre le ultime violenze nella Provincia
di Idlib (Siria) stanno ulteriormente aggravando la crisi umanitaria, con 900.000 nuovi sfollati che
da dicembre 2019 hanno lasciato le proprie case. Le immagini che giungono in queste ore ci
mostrano ancora una volta il volto peggiore dell’Europa: donne e bambini caricati dalla polizia e la
guardia costiera greca che spara su imbarcazioni cariche di profughi, partite da Bodrum e dirette a
Kos, prendendo poi a bastonate gli occupanti. Ieri mattina, durante lo sbarco a Lesbo, è morto un
bimbo siriano di pochi anni. Tutto questo sta avvenendo alle porte di casa nostra.
Nonostante questi sbarramenti, decine di migliaia di persone hanno già lasciato in questi giorni la
Turchia e molte di queste proveranno a percorrere la cosiddetta “rotta balcanica” per raggiungere
l’Europa occidentale.
A destare preoccupazione è anche la condizione in cui vivono migliaia di profughi che stazionano da
mesi nei campi profughi disseminati lungo la rotta balcanica. Anche in questo caso siamo purtroppo
testimoni di violenze da parte della polizia della Croazia, altro paese dell’UE, a danno dei profughi
che tentano di attraversare il confine bosniaco e che spesso vengono picchiati e rimandati indietro
in spregio alle convenzioni internazionali. Desta inoltre molta preoccupazione la situazione in
Albania, dove si registra un numero sempre maggiore di arrivi e le strutture sono al collasso e in
Bosnia Erzegovina dove le condizioni dei campi sono spesso disumane.
A tutto questo si aggiunge la situazione dei bambini che migrano, visto che oltre un quarto di chi si
trova lungo la rotta balcanica è un minore.
Ad oggi le reazioni dell’UE e degli Stati europei sono state molto deboli, sia nella gestione del braccio
di ferro tra Turchia e Grecia che nel supporto ai paesi lungo la rotta balcanica. D’altronde nessuno
vuole farsi carico di questa ennesima tragedia umanitaria, che non arriva all’improvviso ma è
innanzitutto frutto di una guerra che si trascina da 9 anni e che ha provocato in Siria centinaia di
migliaia di morti e milioni di profughi.
A questa tragedia fa da sfondo l’ accordo UE-Turchia del 2016, con il quale la Turchia, grazie ai
finanziamenti promessi, avrebbe dovuto alleviare la pressione sulle frontiere della “Fortezza Europa”
ma che nei fatti non ha arrestato il flusso, ma lo ha consegnato nelle mani e nella gestione dei
trafficanti.
Come risposta a questa drammatica situazione che sta interessando un’intera regione, le Caritas
del sud Est Europa, con le loro strutture hanno attivato progetti concreti di aiuto umanitario, servizi
di accoglienza e di supporto psicologico per assistere e stare al fianco di queste persone affinché
non cedano alla disperazione.
Caritas Italiana sta lavorando intensamente in Siria, Libano, Giordania fornendo assistenza
umanitaria a migliaia di profughi, così come da oltre 5 anni in Turchia, Grecia e nei paesi interessati
dalla rotta balcanica. Si tratta di un lavoro sul campo, a fianco delle Caritas di questi paesi, che ha
permesso nel tempo la strutturazione di interventi di emergenza, attività di formazione e
accompagnamento degli operatori locali e il coordinamento di una Task force delle Caritas del Sud
Est Europa. La nuova crisi dei migranti, oltre a generare ulteriori inaccettabili violazioni dei diritti
umani, ora rischia anche di far collassare questa rete di aiuto.