Giornata del Seminario

Il manifesto, le interviste e la preghiera dei fedeli per Domenica 29 gennaio 2023

Per la Giornata del Seminario 2023 è stata scelta la beatitudine evangelica «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». È l’invito per la comunità del Seminario Interdiocesano Cuneese a formarsi per divenire operatori di pace nelle comunità che si incontreranno sul proprio cammino. Diventa occasione per ciascuno per continuare a pregare per la pace ad un anno dall’inizio del conflitto in Ucraina.

Quest’anno la comunità del Seminario è composta da Alberto Costamagna (VI anno, di Fossano), Nicolò Bellino (IV anno, di Mondovì), Alessandro Daniele (III anno, di Cuneo), Kevin Melis (I anno, di Cuneo), Alessandro Testa (I anno, di Saluzzo), Matteo Vincenti (I anno, di Saluzzo). Il rettore è don Andrea Adamo, di Cuneo, e il padre spirituale è don Luigi Lucca di Alba.

 

MATERIALE ALLEGATO (fondo pagina):

  • Manifesto della Giornata
  • La felicità nel ministero ordinato – don Carlo Cravero
  • Intervista a don Alessio Donna
  • Preghiera dei fedeli per la Giornata

 

ESSERE PRETI OGGI

di don Luigi Lucca – padre spirituale del Seminario Interdiocesano Cuneese

 

Un titolo lapidario, immediato, scevro da ogni complicazione formale e diretto come una parola che non può essere fraintesa.

E allora partiamo dalle parole del titolo, perchè sempre, al principio, ci sono le parole.

Le parole ci guidano, ci formano, ci danno i contenuti.

Al principio, direbbe Giovanni, per noi cristiani c’è il Verbo, Parola per eccellenza.

Solo che – a volte capita – anche i preti i preti lo dimenticano.

ESSERE 

La parola delle parole, perchè dichiarazione di un intento molto preciso: se la forma delle nostre “funzioni” (tra le quali c’è anche il ministero come declinazione ulteriore della vocazione battesimale) non è supportata e “iSpirata” dal nostro ESSERE, ossia da quel nucleo genetico a partire dal quale ciò che facciamo riceve continuamente la sua verità, potremmo ridurci a definire il prete come un’occupazione tra le altre: un gioco, un balocco a disposizione di gente che non cresce mai.

PRETI 

Essere prete o essere preti?

Essere PRETE vuol dire molto poco, perché potrebbe significare la deriva egoica di un singolare spirito  che narcisisticamente si rispecchia in se stesso per affermare un primato paragonabile a tutte le espressioni autoreferenziali del mondo. Sebbene declinato in modo religioso.

Essere PRETI significa tutto: anzitutto perché riattiva la consapevolezza che non si è soli in campo, ma, per lo meno, insieme ad altri fratelli che percorrono la stessa strada, in un mondo nel quale  vivere la propria umanità in modo evangelico e discepolare, e, soprattutto, in comunione con la fonte più alta dell’essere che è Dio stesso, espressione di pluralità relazionale (Padre, Figlio e Spirito Santo).

Dunque un’individuazione che trova la sua forma in una relazionalità attiva che continuamente interpella uno stare nel mondo che affida il contenuto dei propri cammini a speranze, amori e legami di senso al Signore Gesù.

Individuazione, ancor più, che solo all’accudimento e nella frequentazione di reti relazionali significative e qualitativamente evangeliche riesce a sprigionare, come una sana passione, la voglia di incuriosirsi di quel Dio annunciato e vissuto proprio dai preti (càpita?).

Inizia la missione.

OGGI

Si può dire di tutto sull’oggi.

Comunque è il nostro mondo, la legna (e la lagna, a volte)  a partire dalla quale siamo chiamati a costruire la nostra vita.

Migliore, peggiore del passato (o del futuro che verrà?)? Non importa, OGGI e basta, anche perchè, ci insegnano le antiche sapienze classiche e una certa attenzione al mondo variamente  spirituale contemporaneo, noi esistiamo solo nell’ oggi, nella consapevolezza dei nostri HIC ET NUNC. Lì siamo chiamati a realizzare la nostra umanità che ha cristianamente deciso di assumere il compito e la forma della ministerialità presbiterale.

A PARTIRE DA GESÚ

Perché alla fine ci si scorda sovente di Lui. Si inizia la vita di preti come buttati in una grande organizzazione che corre a volte il rischio di  fagocitare e mortificare le migliori ispirazioni in nome di un efficientismo e un mondo organizzativo (e un’organizzazione del mondo) degno di una grande industria. Il problema è che in nome dell’efficienza e del risultato si  perde lo Spirito che dovrebbe animare e alimentare la concretezza (il corpo) dei preti. Perchè per queste cose non c’è più tempo, si dice. Per Gesù non c’è più tempo.

Ma come realizzare, allora, quel mandato discepolare evangelico di “stare con Lui” per avere la forza e l’energia di guarire i malati, sanare i lebbrosi, dare luce agli occhi e contenuti di speranza e vita ai sordi del mondo (tra i quali ci siamo anche noi) senza stare – da guaritori feriti e sanati – con il Medico per eccellenza?

Essere preti oggi, allora diventa la meravigliosa sfida e decisione personale, in una comunità di fratelli e in una società non sempre fraterna, di accogliere e condividere  il senso e la realizzazione di una vita  così come dovrebbe essere pensata e voluta da Dio, Padre di tutti i suoi Figli, che, finalmente, in questa risposta vissuta, coltivata e accudita quotidianamente, diventa la dinamo e la condivisione di un’offerta di cammino, di trasformazione e realizzazione: spirituale, umana e sociale.