Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a
Nel Salmo 23 il salmista si domanda: «Chi salirà il monte del Signore?», dandosi poi questa risposta: «Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli».
Il brano evangelico delle Beatitudini si apre con: «In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte…». Ecco chi può salire sul monte del Signore con mani innocenti e cuore puro: Gesù Cristo. È lui il giusto.
Ma il racconto di Matteo prosegue: «Gesù si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli…». Dunque, anche i discepoli, possono avvicinarsi a lui, salire e sedere con lui sullo stesso monte. Nel Signore Gesù è data anche a noi questa possibilità, nonostante le nostre mani non siano sempre innocenti, il nostro cuore non sempre puro. Infatti, come ci ha ricordato il brano dell’Apocalisse, possiamo lavare le nostre vesti, i nostri cuori, nel sangue dell’Agnello.
E saliti sul monte, seduti accanto al Maestro, lo ascoltiamo che racconta dei poveri in spirito, di quanti sono nel pianto, dei miti, di tutti quelli che hanno fame e sete della giustizia… oltre che dei «voi», i discepoli che a motivo della sequela di Cristo, subiscono insulti, menzogne, persecuzioni.
Dunque la beatitudine che Gesù promette è sì per i discepoli, ma raggiunge tutti.
Del resto, quando si sale più in alto, il panorama si apre, dall’alto lo sguardo può spingersi più lontano. Sembra che Gesù, portando i discepoli sul monte, li inviti ad ampliare il loro modo di vedere, ad acuire la vista, per scorgere i segni della beatitudine del regno ovunque, in mezzo a loro ma anche in mezzo alle folle dove sono nascosti poveri, afflitti, miti, bisognosi di giustizia, capaci di misericordia, gente dal cuore semplice e puro, costruttori di pace, oppressi e perseguitati.
Si sale sul monte anche per imparare a riconoscere i santi nascosti in mezzo alla folla. Gesù li addita perché i suoi discepoli possano anche loro scorgere questa santità nascosta, questa forza della grazia di Dio che si estende ovunque, anche dove meno te l’aspetti.
Il libro dell’Apocalisse dice che coloro che sono segnati con il sigillo sono moltissimi, ma comunque una cifra limitata: 144.000. Invece la moltitudine dei santi è immensa, nessuno la può contare, e proviene non soltanto dalle dodici tribù di Israele, come coloro che hanno il sigillo sulla fronte, ma da ogni nazione, popolo e lingua.
Possiamo dire che coloro che hanno il sigillo di Dio sulla fronte sono coloro che gli appartengono in modo consapevole. Ma la moltitudine dei salvati, dei santi, è molto più ampia, incalcolabile.
Ed è da loro che desideriamo imparare a riconoscere questa opera segreta di Dio, che salva, santifica, agisce in modo misterioso nella storia degli uomini.
Gesù chiama anche noi sul monte, a stargli vicino, a divenire partecipi della sua stessa santità: «Siate perfetti come è perfetto il Padre mio». Il greco ha un infinito futuro che può essere tradotto con «sarete perfetti». Più che un imperativo, è una promessa: «sarete».
Gesù, però, come già detto, ci conduce sul monte anche per allargare il nostro sguardo e renderlo capace di riconoscere una santità nascosta, ma presente nella storia e sconfinata.
D.M. Turoldo scriveva che Cristo è la ricompensa, già ora e per sempre, per chi cerca il suo volto «nascosto nella storia dell’ultimo uomo». C’è la santità di Cristo nascosta anche nell’ultimo uomo, nel più povero della terra.
Coloro che formano questa moltitudine immensa di santi sono i poveri, gli affitti, i miti, gli affamati e assetati di giustizia, i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, i perseguitati. Nella vita di queste persone risplende già la verità del vangelo. E la loro fede, commovente e incrollabile, li sta già salvando.
E a loro il Figlio dell’uomo offre una parola di incoraggiamento: per tutte le volte in cui sembrerà loro di essere schiocche vittime della loro ingenuità; per quando saranno sul ciglio del pentimento tentati di invidiare gli scaltri, gli astuti, i furbi, quelli che diventano padroni del mondo calpestando senza sensi di colpa tutto ciò che è umano.
L’abito semplice della santità è confezionato dal Dio di Gesù Cristo con la stoffa di questa umanità che piange, che è misericordiosa, che cerca la pace… e nonostante tutte le fatiche e i sorrisi dei furbi, continua a testimoniare il vangelo.
E questo abito/vestito è veramente portato da molti che sono sfuggiti alla contabilità del calendario, ma che per Dio sono ben presenti nell’offrire qual è il senso della vera grandezza umana.
Questi sono beati già adesso, nonostante le tribolazioni, e anche dopo.
Immagine: una scena del film La strada di Federico Fellini (1954)
