Le Confraternite sono un fenomeno articolato e complesso che meriterebbe senza dubbio uno studio più approfondito e completo che queste poche righe non possono offrire. Senza pretese di precisione scientifica e storiografica si desidera condividere la personale riflessione di chi scrive. Mi sembra di intravvedere in questa realtà delle potenzialità e delle ricchezze per la vita delle comunità della Valle Gesso. Fin dalle loro origini le Confraternite nascono come associazioni laicali animate dal desiderio di una fede più vitale e concreta che si realizza attraverso la condivisione di una comune devozione ed il servizio e l’assistenza dei poveri. Queste associazioni sono connotate da una forte tensione verso la socialità testimoniata dal forte desiderio di ritrovarsi e di essere insieme e che si manifesta nella ricerca di ottenere un proprio Oratorio e/o una propria Chiesa dove riunirsi e celebrare il culto e la devozione che li unisce. Particolare è il fatto che le Confraternite, pur riconoscendo l’autorità ecclesiastica, si rapportano al Parroco considerandolo di fatto uno dei soci di questa associazione. La Confraternita di Andonno ha una storia che per certi versi ha seguito questo andamento: infatti, i suoi inizi sono attorno alla seconda metà del Cinquecento (nella visita apostolica del vescovo Gerolamo Scarampi del 1583, si attesta che la Confraternita dei Disciplinati si raduna presso la chiesa di santa Maria del Gerbetto). A quel momento gli iscritti sono cinquanta, e hanno costruito un nuovo oratorio all’interno del paese, con un nuovo altare, su cui non si celebra ancora in attesa che venga benedetto. Questa confraternita doveva prestare assistenza ai poveri del paese e risulta collegata alla confraternita di Santa Croce in Cuneo, nei cui ordinati del 1585, il 26 maggio, si dispone di dare due sestari di segala da distribuire ad ogni infermo di Andonno. Si hanno tracce documentate della Confraternita ancora negli anni a seguire. La Confraternita non riusciva ad avere la propria Chiesa che riuscì finalmente a costruire poco dopo il 1755, al tempo del parroco don Cordero Pietro di Roccavione, parroco dal 1742 al 1777. La Chiesa di Santa Croce venne dipinta nel 1877 dal pittore Giovanni Battista Cressi di Roccavione. Nel 1893 si procurò la nuova campana e nel 1895 venne restaurato e dipinto all’esterno il campanile. Dal 1869, con la sostituzione di maestri laici al cappellano-maestro, la confraternita non ebbe più un prete al proprio servizio; il compito passò al parroco. Attualmente l’edificio di culto sta ricevendo un restauro conservativo questi lavori hanno l’obiettivo di assicurare la salvaguardia del patrimonio immobiliare con la conservazione dell’apparato pittorico e decorativo, interno ed esterno, attraverso il risanamento delle parti basamentali delle murature perimetrali dai fenomeni di umidità di risalita, con il rifacimento della copertura a lose nella zona absidale dalle infiltrazioni d’acqua piovana. Questo cantiere è assai importante nel cammino per la valorizzazione storico-culturale nei percorsi
della religiosità in valle Gesso. La rilevanza della costruzione di Andonno, collocata in posizione centrale, ne fa una presenza architettonica significativa e caratterizzante l’edificato. La Chiesa è
elemento identitario delle Confraternite che custodiscono attività peculiari in tutte le comunità della valle: il Presepe Vivente di Andonno, la Processione del Giovedì Santo a Valdieri, le Parlate Sacre di Entracque. L’intervento mira a conservare l’edificio, per il suo interesse storico in questo modo si permetterà di mantenerlo aperto per visite e per la celebrazione delle funzioni che tradizionalmente hanno il loro centro in questa Chiesa. D’altro canto, rinnovare il centro pulsante ed identitario della Confraternita, diventa un’occasione per ritrovare il senso quest’Associazione e la sua attenzione alla carità e all’attenzione agli ultimi, e alla vita di fede. D’altro canto la trasformazione che è in corso nelle comunità parrocchiali e nel loro rapporto con il Parroco, che sarà sempre di più “condiviso” con altre comunità, chiede di recuperare la partecipazione e la responsabilità dei laici alla vita della Comunità, che non potrà più ritrovare la sua figura unitaria esclusivamente nella figura del Parroco e nella Parrocchia.
don Alberto Aimar