Praticare

«Chi fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc 1,24). Ecco un modo per descrivere l’attività culturale: la pratica della libertà!

Insieme a Michel De Certeau, possiamo partire dalle pratiche quotidiane per scoprire attraverso di esse la libertà all’opera. Possiamo parlare, ad esempio, di pratiche dello spazio, ossia del modo con cui un ambiente, un edificio, una stanza sono percorsi dalle persone. Un palazzo cambia quando lo consideriamo attraverso le mappe catastali oppure attraverso gli occhi di colui che vi entra per cercare qualcuno. Egli sta «mettendo in pratica» lo spazio!

Possiamo parlare di pratiche dello sguardo, quando consideriamo, ad esempio, un’opera d’arte. Gli strumenti ottici tradizionali e moderni catturano l’immagine e la analizzano con parametri fissi. L’osservatore umano, al contrario, «butta l’occhio» sull’opera associandola al proprio vissuto, soffermandosi o prendendone le distanze, portando l’attenzione su un particolare per volta, compiendo un percorso. Sta praticando l’opera d’arte con la mobilità del proprio sguardo.

Ci sono, inoltre, pratiche di scrittura da cui derivano libri, lettere, documenti. In essi troviamo come «cadaveri» o «reliquie» di un vissuto, di parole e pensieri che sono stati vivi. L’ autore, con la sua parola, il suo pensiero, non è più lì. È ormai altrove. Scrivere è perciò praticare la consegna di se stesso, è anticipare la propria morte.

Anche la lettura è una pratica della libertà, quando viene fatta da esseri umani. I programmi di lettura automatica si limitano a riprodurre suoni, collegati a segni. Il lettore, invece, corre o rallenta nella lettura, enfatizza o trascura parole e frasi, sceglie quale vita dare a parole morte.

Nel quotidiano troviamo anche le pratiche della fede, che non sono semplicemente i riti o gli atti di devozione, né i gesti di carità o i discorsi teologici. Sono le credenze, ossia l’investimento di fiducia in ciò che si sta facendo, la speranza associata alle proprie pratiche. Per questo motivo non si può dissociare la fede dall’attività culturale, affinché essa si traduca in pratica!