La parola della Croce (e il profumo del basilico)

Esaltazione della Santa Croce

Nm 21,4b-9; Sal 77; Fil 2,6-11; Gv 3,13-17

L’origine di questa festa nacque a Gerusalemme dopo il ritrovamento della croce da parte di Elena, madre di Costantino.  Secondo la tradizione, Elena fu guidata al luogo del ritrovamento della croce dal forte aroma di basilico (per questo in tale festa, in alcune liturgie, essa viene rivestita completamente con questa pianta aromatica). Alcuni storici ecclesiastici, come Niceforo e Filostorge, affermano che la croce, appena ritrovata, fu posta su una donna da poco deceduta ed ebbe il potere di riportarla in vita. Per questo sant’Elena portò il 14 settembre dell’anno 355 la croce al vescovo di Gerusalemme Macario, il quale la innalzò lo stesso giorno sul Golgota e da lì la portò nella nuova chiesa dell’Anastasis, della Resurrezione – sorta nella prima metà del IV secolo –  sulla tomba del Signore, il santo sepolcro. La croce fu rubata in seguito dai persiani ritenendola magica, ma l’imperatore Eraclio la riportò a Gerusalemme, il 14 settembre del 626. La chiesa di Gerusalemme tuttavia ritenne che essa dovesse appartenere a tutta la cristianità e quindi la croce venne divisa in piccoli pezzi che furono consegnati alle chiese locali del tempo dell’oriente e dell’occidente: uno dei motivi per cui si riscontrano in più luoghi piccole parti della Santa Croce. Secondo un’antica profezia, tutte queste parti della croce si riuniranno a comporre l’unica e sola croce alla fine dei tempi.

La festa dell’Esaltazione della Santa Croce giunge in occidente grazie a papa Sergio, di origine bizantina, nel VII secolo.

Un riferimento alla tradizione per dire che in questa festa l’occidente e l’oriente concordano da sempre nel contemplare la croce come strumento della redenzione universale: «Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo», canta l’antifona latina all’Evangelo; nell’ufficiatura bizantina, la croce viene elevata dal presidente dell’assemblea verso i quattro punti cardinali, mentre i fedeli cantano: «Signore, pietà», a significare che attraverso la croce la salvezza è giunta fino ai confini della terra.

La parola della Croce, insieme a quella della resurrezione, è la parola che il cristiano ha da consegnare al mondo. Dio è entrato nella tragedia dell’uomo, perché l’uomo non vada perduto, con il mezzo scandalosamente povero e debole della croce. La croce è luogo in cui è possibile contemplare l’immagine del Dio che si china sulle sofferenze degli uomini: «Per sapere chi sia Dio devo inginocchiarmi ai piedi della croce», così scriveva il teologo Karl Rahner.

Tra i due termini, Dio e mondo, Dio e uomo, che tutto dice lontanissimi, estranei, le parole del vangelo indicano il punto di incontro: la croce, dove il disceso è innalzato, nello stesso tempo Figlio dell’uomo e Figlio del cielo. «Cristo si è abbassato», scrive Paolo, fino alla morte di croce; «Cristo è stato innalzato sulla croce», dice Giovanni, attirando tutto a sé.

Tra Dio e il mondo il punto di congiunzione è la croce, che solleva la terra, abbassa il cielo, raccoglie i quattro orizzonti, ed è crocevia dei cuori dispersi. Colui che era disceso risale per l’unica via, quella dell’amore senza misura. Per questo Dio lo ha risuscitato.

Quale attrazione esercita la croce, quale bellezza emana?

Sulla croce si condensa la gratuità e l’eccesso del dono d’amore; si rivela il principio della bellezza di Dio: il dono supremo della sua vita per noi.

Suprema bellezza è quella accaduta fuori Gerusalemme, dove il Figlio di Dio si lascia annullare in quel poco di legno e di terra che basta per morire. Veramente divino è questo abbreviarsi del Verbo nel dono di amore e di dolore: qui ha fine l’esodo di Dio verso l’umanità.

«La conoscenza del vero Dio, misericordioso e pieno di amore e di bontà, passa per la conoscenza del volto del Crocifisso. Se pensiamo Dio soltanto con i nostri concetti umani, se lo immaginiamo come colui che detiene al massimo grado tutta la potenza, tutto l’onore, tutta la gloria, come colui che potrebbe rivendicare la signoria di tutta la terra, siamo come la gente comune e i capi di cui ci narra l’evangelo, i quali dicono: “Dio non può rivelarsi nella morte di croce”. Invece, Dio si rivela proprio nel linguaggio della croce. La vera onnipotenza è quella capace di annullarsi, di accettare la morte per amore» (Carlo Maria Martini).

Di conseguenza, bella è la persona che ama così.

Il corpo straziato del crocifisso è riflesso di un amore folle e scandaloso fino a morirne: lì è la bellezza che salva il mondo, lo splendore che seduce.

 

 

 

Immagine: Chiesa di Santa Croce, Cuneo

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