La casa della memoria

Il Seicento fu un secolo durissimo per il nostro territorio: guerre, carestie, ma soprattutto la feroce pestilenza narrata anche dal Manzoni decimarono la popolazione. In alcuni paesi morirono addirittura i 2/3 della popolazione…
In città, il debito di vite umane fu pagato maggiormente dal quartiere di Santa Maria della Pieve a cui apparteneva la confraternita di San Sebastiano: i confratelli fecero processioni e commissionarono ex voto, ma soprattutto si presero cura degli appestati e morirono in gran numero a causa del morbo.
Oggi, i teleri con la vita del Santo, ricordano questo periodo storico e diventano lo strumento per prendersi nuovamente cura del prossimo in un luogo che è la dimora della memoria: il museo.

Nell’anno 1431, una delibera del Consiglio Comunale della città di Cuneo permetteva la costruzione di una cappella dedicata a San Sebastiano, testimoniando così la devozione verso il principale protettore dalle pestilenze. Secondo alcune fonti locali questa primitiva chiesetta era decorata da una serie di immagini (probabilmente ad affresco) con le storie della vita del santo.
Poco meno di duecento anni dopo, le più illustri famiglie della città appartenenti alla confraternita di San Sebastiano incaricavano il pittore saviglianese Giovanni Antonio Molineri di realizzare “sedici quadri della vita di S.to Sebastiano” da collocare nella loro chiesa. L’artista stesso, però, moriva nel 1631, proprio a causa della feroce pestilenza. Fu così che, nel 1632 la commissione passò a “doi pittori forestieri” che nel novembre di quell’anno si trovavano in città. Cinque anni più tardi, un ordinato del gennaio 1637 sollecita l’ultimazione dei dipinti: i confratelli richiedono la consegna del lavoro per l’imminente festa di San Sebastiano (20 gennaio).
I diciotto teleri oggi al Museo Diocesano sono tradizionalmente attribuiti all’ambito dei fratelli Bruno, pittori di Priero formatisi artisticamente in quella meravigliosa fucina del Barocco che fu Genova. L’analisi stilistica e il restauro hanno però rilevato l’intervento di almeno due maestranze differenti non ugualmente abili.
La scelta del programma iconografico si deve intendere come forma di invocazione per la fine della peste che nei primi anni del Seicento colpì duramente la città. Il ciclo figurativo è incentrato su episodi della vita del Santo che si rifanno alla Passio del V secolo. Nei teleri scopriamo un Sebastiano vestito con abiti seicenteschi e, a firma della committenza, gli stemmi araldici: dobbiamo considerare che durante la processione erano esposti lungo la Contrada perciò l’arma della famiglia doveva apparire in modo chiaro. Questi teleri raccontano alcune delle tappe più importanti della vita del Santo: dalla nascita, all’importante carriera militare, alla conversione di numerosi personaggi della Roma Imperiale, fino al martirio. È interessante notare che qui è raffigurato solamente il primo martirio del santo, quello avvenuto quando “Diocleziano ordinò che fosse legato in mezzo ad un campo e che i soldati gli tirassero addosso le frecce. Questi lo coprirono di frecce a tal punto che sembrava quasi un riccio e pensando che fosse morto se ne andarono” (Jacopo da Varazze, Legenda Aurea). Negli inventari della Confraternita risulta che nel 1672 era collocato sulla volta dell’oratorio anche “un quadro grande … con l’arma del fu Cap.no Bottero, rappresentante l’ultimo Martirio di San Sebastiano”, quello in cui il santo venne fustigato e il suo cadavere gettato nella Cloaca Massima. L’opera, verosimilmente parte integrante della serie, non è più presente all’interno del patrimonio della confraternita, mentre i diciotto teleri sono conservati in museo, nella sala dedicata alla peste del Seicento.

Queste opere costituiscono una tappa importante della visita al museo e sono oggetto di diversi laboratori didattici. Negli ultimi mesi, però, sono state interessate da un nuovo tipo di lettura: partecipata, inclusiva e certamente unica. A partire dalla primavera 2019, il museo diocesano di Cuneo e altri musei del territorio (Museo civico di Cuneo, Museo di Casa Cavassa e Pinacoteca Matteo Olivero), insieme a tre residenze per anziani (Casa Famiglia, Mater Amabilis Centro e Istituto Tapparelli), hanno unito le forze per dare vita a un nuovo progetto di accessibilità rivolto a persone anziane fragili, disorientate, con demenze e ai loro caregiver. L’attività – in fase di sperimentazione ormai avanzata – è stata resa possibile dalla concreta partecipazione e dal sostegno economico del Rotary Club 1925 di Cuneo insieme al Rotary Club Alpi del mare e Rotary Club Saluzzo.
Così, a fine maggio, sono entrati in museo Umberto, Marisa, Maria Rosa, Livio e Teresa con i loro accompagnatori. Tutti si sono seduti davanti ai teleri e, grazie alla conduzione dell’equipe del museo civico BeGo di Castelfiorentino, forte di sei anni di esperienza sul campo, hanno dato una personale lettura delle opere. È una lettura corale e partecipata che offre uno sguardo nuovo sia sulle tele che sul modo di vivere il museo: in un museo si fa memoria, non solo attraverso la conservazione degli oggetti, ma anche attraverso l’accoglienza e il senso di comunità. Da tempo, ormai, la sfida dei musei è diventare luoghi accessibili per tutti i diversi tipi di pubblico. Per accogliere le persone che convivono con malattia di Alzheimer, i musei devono essere in grado di creare un ambiente privo di barriere cognitive, capace di stimolare la partecipazione alla vita sociale e culturale. In questo senso, i musei possono contribuire a rendere la società più amichevole nei confronti delle persone con malattia di Alzheimer: i musei possono migliorare la qualità della vita delle persone, perché le sensazioni e le emozioni che “dimorano” nelle persone possono emergere ancora davanti all’arte e portarle a godere di tanta bellezza. Laura Marino, Direttore del museo diocesano