“I luoghi parlano con la storia di cui sono impregnati”. Così si esprime don Giuseppe a proposito del verbo del mese ‘spaziare’. Dove leggere questa storia? Forse solo calandosi fisicamente nello spazio? Non è sufficiente, sebbene sia importante. Per conoscere la storia dei luoghi, per comprenderne la trasformazione in spazi abitati occorre avere la pazienza di leggere pagine e parole, apparentemente solo di carattere amministrativo.
Tra i tanti documenti che l’Archivio storico diocesano conserva si possono rintracciare molte relazioni scritte dai parroci e dai rettori sulle proprie parrocchie. Non si tratta solo di elenchi di oggetti o di descrizioni di carattere pastorale; possiamo ritrovare in quei tratti di penna un modo di vivere quegli spazi, attraverso la gestione e la cura ordinaria. In primis occorre ricordare le ricche visite pastorali, i momenti in cui il Vescovo si muoveva nello spazio parrocchiale per conoscere e per ravvivare la fede cattolica. Leggendo la descrizione della chiesa, a cui segue quella del beneficio parrocchiale (cioè di tutte le proprietà della parrocchia) e gli usi e consuetudini della fede, emergono i modi differenti con cui si abitava lo spazio sacro. La presenza di altari, per esempio, era legata alle compagnie o a famiglie di rilievo che curavano e assicuravano le celebrazioni, ed era questo motivo di vanto per la comunità o la famiglia. L’utilizzo stesso della chiesa, per motivi non strettamente liturgici, indica un modo di praticare quel luogo architettonico con un senso di appartenenza comunitaria. Le relazioni e i questionari prodotti per le visite pastorali ci mostrano in seguito una serie diversa di altri spazi: il fonte battesimale, il campanile, la casa parrocchiale, le cappelle campestri, le proprietà… e persino il cimitero, che è anch’egli uno spazio abitato, perché c’è una viva preoccupazione, oltre che di carattere sanitario, per mantenere questo luogo della comunità in modo decoroso. Leggendo la successione delle visite si può notare come sia cambiato il modo di trasformare in spazi questi luoghi.
Altre relazioni parlano di luoghi e spazi, come quelle compilate per la Sacra Congregazione del Concilio dopo la circolare del giugno 1929 (anche se più a carattere amministrativo-contabile) o per la Curia diocesana.
Ancora, la presenza di progetti, correlati da preventivi e corrispondenza, rende interessante la lettura degli spazi odierni, perché fa emergere la riflessione e i desideri che hanno mosso gli ideatori. In parte questo discorso si ricollega a quello già affrontato nell’articolo del gennaio 2020 sui progetti sognati e mai realizzati, perché anche le forme sognate sono rappresentanti della pratica degli spazi da parte dei nostri predecessori.
In questi nostri anni, si nota un forte desiderio di riformulare luoghi antichi perché diventino spazi per l’uomo moderno e assumano valori vivi per i viventi. Proprio per supportare questo mutamento si è scelto di proporre questa riflessione nel mese di febbraio, mostrando come gli archivi custodiscano gli strumenti per poter comprendere quegli spazi e per poter progettare con audacia e rispetto nuove forme di vita al loro interno.
Martino Dutto, archivista