Fratture e ricostruzioni

Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti
Purgatorio, V

Il tempo, gli eventi atmosferici o le circostanze storiche hanno spesso causato fratture, di varia entità e di vario genere: fratture sociali, personali, strutturali, politiche … A livello emotivo, fisico e artistico le fratture non sono tutte uguali. Anche in ambito storico artistico, sappiamo bene che non sono mancati i rimaneggiamenti, talvolta radicali, di opere ed edifici: la crescita della comunità, il cambio dei canoni estetici, le necessità strutturali hanno portato all’abbattimento della maggior parte delle chiese di epoca medievale e questo rende ancora più preziose e significative le testimonianze rimaste.
In questa fine di 2021, un posto particolare spetta alla parrocchiale di San Fiorenzo di Vinadio, eretta, secondo quanto è scritto sopra il portale, esattamente 700 anni fa: nel 1321, sotto papa Giovanni XXII e durante il regno di Roberto d’Angiò, la chiesa di San Fiorenzo sia costruita a spese della comunità. Uno dei migliori commenti di questo manufatto si deve a Fulvio Cervini: «Vi si legge infatti a memoria perpetua la data 1321, e vi si ribadisce che l’opera è stata compiuta a spese della comunità di Vinadio, regnando Papa Giovanni XXII e Re Roberto d’Angiò. Quattro informazioni essenziali, comunicate con una stringatezza epigrafica che nulla concede a ricercatezze letterarie (né lo spazio disponibile era ampio). Ma anche quattro notizie che si riteneva fondamentale tramandare: sia per riaffermare l’identità civica del borgo, e l’appartenenza della chiesa alla comunità intera, sia per sottolineare la coscienza di appartenere a un mondo ben più vasto della valle Stura, e che aveva nel monarca terreno e in quello spirituale gli inevitabili punti di riferimento. Come se Vinadio, conferma discrezione, avesse per un momento – ma che momento solenne – regolato le lancette del suo tempo con quelle più scattanti dell’Europa delle corti. »
Si tratta verosimilmente di una ricostruzione dell’edificio, dato che già nel 1165 è attestata una chiesa a Vinadio, che però tiene conto delle nuove istanze del gotico con linee acute e slanciate, pur nella moderazione tipica dell’arco alpino. Qualche secolo più tardi (1458) la medesima comunità di Vinadio aggiunse un protiro per riparare l’accesso alla chiesa e ospitare le fasi solenni di alcune cerimonie. Anche in questo caso ci vengono in soccorso le iscrizioni sui capitelli, più complesse da interpretare sia per l’utilizzo dei caratteri gotici sia per la collocazione poco organica degli elementi. Con il cambio di orientamento dell’edificio, avvenuto in epoca barocca, sia il portale trecentesco sia il protiro quattrocentesco vennero infatti smontati e riassemblati nella nuova collocazione con qualche inevitabile adattamento o – per rimanere in tema – frattura rispetto al passato. Se l’ingresso mantenne sostanzialmente l’aspetto originario, il portico risulta invece poco coerente in alcune sue parti e lascia presupporre un rimontaggio poco filologico. Di fatto, in questa fase l’unico che non si mosse fu il possente campanile romanico, ultimo fiero rappresentante di un romanico alpino difficile da superare. In questo senso – ancora una volta – la chiesa parrocchiale si conferma simbolo di una comunità presente e viva, che sa far tesoro delle fratture e mantenere le proprie radici nel rinnovamento … da 700 anni.

Laura Marino, direttore del Museo diocesano