Fede e servizio

XXVII domenica del Tempo ordinario

Ab 1,2-3; 2,2-4; Sal 94; 2Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10

 

«Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: “Violenza!” e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?». Queste parole di Abacuc sono più che mai attuali, oggi dove ancora una volta la violenza cieca e indistinta si scatena e macina indifferente la carne dei semplici, dove intere generazioni sono falciate e viene calpestato chi non c’entra niente! Gente che chiede solo di mandare avanti la sua vita, ma resta in mezzo agli ingranaggi dei grandi poteri in lotta. Davvero qualcosa di ‘tragico’ abita la storia.

Non stupisce, o forse sì, lo sfogo del profeta con parole che non ci si aspetterebbe sulla bocca di un uomo di Dio: «Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?». La Scrittura non silenzia le voci di sgomento per un Dio che di fronte al male appare come nascosto dietro l’angolo di ogni sciagura, muto assenteista in deroga ai suoi doveri di custode del mondo. La Scrittura intona spesso il lamento che dice lo scetticismo del credente per la libertà concessa al male. Quando poi a pagare sono gli innocenti, gli infanti, i piccoli, gli indifesi, è comprensibile l’incredulità che non ha nemmeno le parole per esprimersi. Diventa difficile, in certi contesti, accogliere l’invito di Paolo a non vergognarci di dare testimonianza al nostro Signore.

Il film di Ingmar Bergam Luci d’inverno (1969) metteva a tema il silenzio di Dio, così come un saggio del teologo Karl Rahner intitolato Tu sei il silenzio (anche se sarà poi lo stesso teologo a scrivere il testo Uditori della Parola, cioè discepoli di un Dio che parla).

Ritorniamo ad Abacuc, che dopo aver esposto le recriminazioni sue e del popolo, tace.Tocca a Dio rispondere, a giustificare il suo operato.

Il profeta aspetta un segno e la risposta del Signore non si fa attendere: «Prendi nota, scrivi ciò che sto per dire perché voglio che rimanga documentato. A breve termine non ci saranno cambiamenti immediati. Passerà un certo tempo prima che giunga la liberazione. Guai però a scoraggiarsi, diffidare, rassegnarsi all’ingiustizia, adeguarsi al comportamento dei malvagi». Dio non dà alcuna spiegazione, chiede solo fiducia incondizionata. Capisce le rimostranze del profeta e del popolo, sa che non riescono a comprendere le ragioni della sua tolleranza, tuttavia assicura che un giorno apparirà a tutti, con chiarezza, ciò che oggi soltanto a lui è dato di vedere: l’empio – che apparentemente prospera – in realtà sta ponendo le basi della sua rovina. Davanti al giusto, davanti a colui che si fida del Signore, si spalancano invece orizzonti di vita.

L’attesa delle promesse divine è fede.

Fede che può essere vissuta anche quando non è grande come una montagna.

La nostra fede sarà sempre incompiuta, non sarà mai abbastanza grande come dovrebbe, ma parti da quel poco che c’è: il Signore ci vuole sottrarre dal pensare che possiamo cominciare a vivere di fede soltanto nel momento in cui abbiamo una fede grande. Ma se è fede, anche un granellino sposta le montagne.

Un granello di senape e un gelso grande. Sproporzione e paradosso servono per sottolineare la forza che la fede può avere nell’agire umano, ed esempi in tal senso attraversano tutta la storia della cristianità e non solo.

La cosa interessante è il collegamento successivo con il tema del servizio: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge… gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi…». Un servizio non solo dovuto, quasi scontato, ma persino «inutile»: «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Perché il proprio servizio, dal più umile al più autorevole, sia «inutile» ci vuole una fede capace di vedere al di là del proprio agire, con gli altri così come al servizio di un Dio che sembra tacere: «Dovrà cadere davanti a te senza risposta ogni domanda?», scriveva Rahner.Si è servi che non cercano il proprio utile, è vero, e se non viene un grazie dagli altri va bene, ma quando il silenzio è dall’alto, le domande possono sorgere.

Ma nonostante i “perché?”, perdonare un’offesa, perseguire in certi cammini, servire nonostante tutto, non venire meno alla fraternità, alla cura, alla giustizia, al generare anche contro l’evidenza del male e della morte: è in questa quotidiana e commovente forza di resistenza che Gesù riconosce i segni della fede. Che sono i soli a poter resistere al male.

 

 

 

Immagine: una scena del film Luci d’inverno di Ingmar Bergman.

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