I musei devono «opporsi alla distruzione dettata dallo scorrere del tempo», facendoci «comprendere a fondo i meccanismi del cambiamento», attraverso l’interpretazione che dai frammenti del passato conduce alla ricostituzione dei contesti». Devono essere «teatri della memoria dove le identità locali e globali vengono definite, e dove diverse visioni del passato e del presente incontrano il futuro». Christillin e Greco si chiedono se il museo possa essere non-divisivo di fronte a spinte che vengono dalla società; o come debba cercare l’equilibrio fra inclusività e selezione dei suoi pubblici. I musei sono «luoghi di frontiera, interfacce culturali che svolgono un ruolo essenziale nel formare sia i cittadini autoctoni, sia i nuovi arrivati, rompendo il legame identitario tra nazione e patrimonio». Su questo terreno s’innesta la centralità della ricerca, che informa la trama del libro: il museo «deve anche raccontare, rimotivare la nostra conoscenza del passato», mediante «la sua più profonda e raffinata forma di ascolto, la ricerca» nelle collezioni. Due universi, un passato da ricostruire e un futuro da costruire, devono trovare un punto d’incontro: la «relazione profonda fra cultura materiale [del passato] e comunità [di oggi]».
S. SETTIS, «Musei riaperti sul nostro futuro», Il Sole 24 Ore (6 giugno 2021)
E. Christillin, C. Greco, Le memorie del futuro. Musei e ricerca
