Nella notte di Natale del 1943, nella messa celebrata nella chiesa parrocchiale di Andonno, il parroco don Antonio Borsotto, ricordava ai suoi parrocchiani presente per la messa di mezzanotte, che non era capitato solo a Betlemme, tanti secoli prima, che ci fosse un bambino ed una famiglia in difficoltà, ma anche in quel momento ad Andonno vi erano famiglie senza casa ed in pericolo.
Il mattino seguente alcune delle persone, che lo avevano ascoltato nella messa, condivisero con delle famiglie di ebrei, nascoste in paese, qualcosa del loro pranzo di Natale. Era un gesto fraterno semplice, ma non privo di rischi, perché non solo quegli ebrei erano ricercati, ma anche chi li aiutava poteva essere incriminato.
Si era infatti nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, con la svolta dal primo periodo di guerra sui fronti di Francia, poi Grecia ed Africa ed infine in Russia, accanto alle truppe di Hitler, per comporre un armistizio con gli alleati e passare ad una terribile guerra civile, che sconvolse l’Italia settentrionale, posta sotto la repubblica di Salò.
Il clima conseguente di sospetto e paura ha posto il clero in un ruolo talvolta angosciante tra esigenze contrapposte di denuncia dell’ingiustizia, di prudenza per evitare ulteriore violenza, di solidarietà con la miseria nera di molte famiglie e di sbandati, condividendo paure e rischi della gente comune.
Eppure di questo periodo così drammatico abbiamo un sostanziale silenzio da parte della maggior parte dei preti che ne furono protagonisti o testimoni a vario titolo. L’occasione di un libro su uno di questi preti, don Antonio Borsotto, è stata offerta da due elementi: un quaderno con elenco di 55 caduti in Russia, che egli aveva redatto nel suo servizio di cappellano con gli alpini sul fronte del Don, e la ricerca di una famiglia di superstiti ebrei, ora residenti in America, che vennero a cercare notizie del parroco di Andonno che li aveva aiutati a salvarsi. Così è sorto questo breve scritto, con la copia del quaderno dei caduti ed alcuni documenti, a cui Luca Lanave ha premesso una breve biografia su don Borsotto e sulle vicende della fuga di circa ottocento ebrei attraverso la val Gesso.
In questo quadro doloroso don Borsotto Antonio è una figura emblematica, perché è stato coinvolto nelle situazioni più disparate, come pochi altri suoi confratelli avevano provato. All’inizio della guerra, come parroco ad Andonno, vide il paese svuotarsi di giovani; li seguì come cappellano in Russia nell’estate del 1942; tornato per malattia nel gennaio ’43, a fine dello stesso anno sostenne con discrezione gli ebrei in fuga; poi diede assistenza ai partigiani raccolti sulle vicine montagne, non risparmiando loro i rimproveri per arroganze a fine guerra!
Ricevette quindi giudizi contrastanti per tutti questi diversi fronti di presenza, da lui motivata dall’unico compito pastorale di prete. La recente testimonianza di una famiglia di ebrei da lui aiutata, offre uno squarcio su uno di questi capitoli, e nel contempo è occasione opportuna per presentare alcuni suoi documenti: dal programma del suo ingresso come parroco a Perdioni, al suo servizio di cura dei soldati caduti sul fronte russo e da lui seppelliti.
Scarne ma preziose pagine di un prete pieno di slancio, messo alla prova in quegli anni terribili; pagine che ora aiutano a far luce oltre il silenzio che le circostanze controverse consigliavano per placare odi e rancori, che quelle sofferenze avevano causato.