«Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie» (dalla poesia Soldati di G. Ungaretti). È la nostra posizione nel mondo: non possiamo restare per sempre nella postazione raggiunta. Ma vi possiamo dimorare per un po’. La cultura è proprio questa arte di dimorare nel luogo assegnato e nel breve arco di tempo concesso. Dimorare non significa semplicemente essere foglie, né burattini o robots, rassegnati al destino della caducità. Dimorare è portare l’anima dentro il proprio destino. Nell’insegnamento del Vangelo, secondo la rilettura che ne fa Simone Weil, un esercizio fondamentale dell’anima è la preghiera del Padre nostro. Come un moderno satellitare, essa dà la nostra postazione tra cielo e terra, tra passato – presente – futuro (S. Weil, A proposito del Pater). La preghiera è una risposta possibile ad un’esigenza culturale di base: dimorare lì dove il destino ci ha collocati. «Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano» (dal Vangelo di Giovanni 15, 6). E’ inevitabile cadere come le foglie d’autunno. Ciò che fa la differenza è la cura della dimora. Ecco uno spazio esiguo e straordinario per la cultura.