Qo 1,2; 2,21-23; Sal 89; Col 3,1-5.9-11; Lc 12,13-21
Prima di una riflessione sui «beni», può venire utile soffermarsi sullo stile che Gesù adotta nell’affrontare la questione postagli da un tale sulla spartizione dell’eredità con il fratello.
Gesù non vuole mettere sulla questione dell’eredità il peso della Parola di Dio. E non vuole che una questione di interessi pesi sulla Parola di Dio. Perciò dice all’uomo e alla folla: «Non mi riguarda. Su questo, sai perfettamente in grado di pensarci da te». Se su tutte le cose relative della vita, sui quotidiani intrighi dei modesti interessi pratici dobbiamo sprecare, spendere parole religiose, il peso della Parola si avvizzisce.
In questa vita camminiamo fra molte questioni che sembrano di vita o di morte, e non lo sono. Sovente la Parola di Dio deve alleggerire, cioè «togliere peso» alle domande, invece di lasciarsi invischiare in tutti i pro e i contro delle questioni di interesse. Forse il cristianesimo deve ancora liberarsi dall’ossessione di avere una risposta per tutto, un parere per ogni questione, una parola per ogni cosa. Se no rischia di perdersi in orizzonti estranei al suo fermento e al suo sale. Al cristianesimo, oggi, manca l’ironia di chi fa domande invece di cedere a chi esige sempre e comunque una risposta, per poter discutere di altro. Un cristianesimo pedante sulle questioni di costume, non trova più spazio e fiato per l’evangelo.
La parola di Dio spende il suo peso su due o tre cose veramente decisive, ed enuncia quattro o cinque verità essenziali, che non puoi aggirare in nessun modo. Per il resto, la vita ha già i suoi pesi, e non è poi così difficile ragionarci su per dare una risposta.
Tra le provocazioni e le domande che la Scrittura mette sul campo c’è sicuramente un’evidenza: «ricordati che morirai».
La sapienza del nostro tempo invita a tacere sulla morte per non scombinare il senso della vita sociale.
Ma anche la sapienza antica non parlava un linguaggio diverso dalla sapienza recente. Raggelanti le parole dell’antico saggio: «Che cosa ricava l’essere umano da tutta la sua fatica e dall’affanno del suo animo mentre si affatica tanto sotto il sole?». La domanda di Qohelet sembra confermare la persuasione che domande tanto radicali l’uomo non dovrebbe neppure formularle. Quando s’avventura per questa strada pericolosa, gli accade di giungere alla risposta ineluttabile: «Vanità delle vanità. Tutto è vanità».
Ma Gesù è venuto a proporci un «vangelo», una notizia buona e consolante, non una parola che intenda approfittare dell’ovvia fragilità della nostra vita. Anche la parabola dell’uomo ricco intende essere una parola di vita, e non una parola avvilente come può essere la parola del Qohelet.
La «vanità» di quest’uomo ricco che costruisce magazzini sempre più grandi per custodire i suoi beni, non è una parabola della vanità universale; è invece parabola della vanità soltanto per quell’uomo che dice alla sua anima: «Hai a disposizione molti beni, per molti anni: riposati, mangia, bevi e datti alla gioia».
E Gesù è così partecipe della causa umana che mette in guardia dal facile inganno della cupidigia: «Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni»: eppure facilmente accade che l’uomo si illuda a proposito dei suoi beni e che da essi dipenda la vita.
Allora dov’è questa vera vita dell’uomo?
L’alternativa è quella di arricchire davanti a Dio, come suggerisce il vangelo in conclusione. Accumulare beni non sulla terra, ma nei cieli e presso Dio.
Il desiderio chiama sempre in causa qualcuno, non qualcosa. Lasciamo che le cose siano tracce di altro, non la loro vacua sostituzione.
Paolo lo chiama «cercare le cose di lassù»: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio».
La parola di Gesù non intende avvilirci con il ritornello: «ricordati che morirai», ma piuttosto incoraggiare con altre parole: «Anche i capelli del tuo capo sono tutti numerati; il Padre che hai nei cieli si prende cura della tua vita. Non lottare dunque contro la morte, non cercare di nasconderla. Cerca solo di fidarti delle attese del Padre nei tuoi confronti: la tua vita sarà allora depositata al sicuro». Solo una cosa è forte come la morte. Ed è l’amore.
Immagine: Complesso funebre monumentale ‘Brion’, a San Vito di Altivole (Asolo), dell’architetto-designer Carlo Scarpa.