Ripartire può diventare uno slogan muscolare. Oppure un atto di umiltà! Può essere la ripetizione infinita di attività a cui non si vuole rinunciare. Oppure ricerca di un nuovo ritmo con cui vivere! Ripartire, nell’ottica cristiana, è passare attraverso conversioni radicali di mentalità! «Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove!» (2Cor 5,17).
L’appello alla conversione riguarda anche il servizio culturale svolto dalla Chiesa nel territorio. Esso deve continuamente ripartire, senza cadere semplicemente nella ripetizione. Per poterlo fare deve accettare l’umiltà di discernere i segni dei tempi: oggi, da dove dobbiamo ripartire?
Ripartire dal territorio. È la parola che indica un luogo diffuso, diversificato, da frequentare.
Ripartire dalle fratture. È la situazione culturale di rottura, discontinuità nei confronti di un passato di idee, mentalità, abitudini di vita in cui non ci si identifica più (neppure quando lo si ricorda).
Ripartire dalla sofferenza. È diventata un sottofondo psichico e sociale, diversificato, ma universale più di ogni altro tema.
Ripartire dall’accoglienza. Ascolto, apertura, ricerca sono ormai il metodo richiesto per chiunque voglia comprendere il mondo proprio e altrui.
Ripartire dal Vangelo. È la risorsa che la comunità cristiana ha per incoraggiare il mondo a credere nelle possibili alleanze tra Dio e il mondo, tra il Creato e l’umanità.
Ripartire non è semplicemente riprendere le attività in seguito ad una pausa di ferie o ad una catastrofe sanitaria, economica, naturale. È misurarsi con un nuovo orizzonte.
Ne avremo il coraggio e la forza?