Stiamo vivendo un momento importantissimo per la nostra Diocesi e, in particolare, per Fossano. Alberto riceve il primo grado del Sacramento dell’Ordine con il Diaconato. Ma già pensiamo al passo successivo, forse tra qualche mese…
Siamo ancora nel tempo pasquale, tempo durante il quale celebriamo l’evento centrale per la nostra fede: la Risurrezione del Signore. Più volte il Signore aveva cercato di preparare i suoi. Di fatto li ha colti di sorpresa e subito non lo hanno capito. La pagina del Vangelo odierna l’evangelista Giovanni la colloca nei ‘discorsi di addio’, prima dell’ultima cena. Gesù parla apertamente della sua dipartita e i Dodici fanno fatica ad accettare tutto ciò. Vorrebbero stare con il Maestro per sempre. Avevano scommesso tutto su di Lui ed avevano lasciato tuto. Con Lui si sentivano sicuri ed avvertono che hanno una missione da realizzare, che la loro vita ha un senso. Il Signore avverte questo disagio e trova per loro parole dense di conforto. Quel distacco annunciato da Gesù è doloroso perché si tratta di persone che si vogliono bene. Gesù vuole bene ai suoi apostoli che hanno il coraggio di seguirlo con i loro difetti. I Dodici si sentono amati e cercano di corrispondere al meglio all’iniziativa di amore che parte dal cuore di Dio. Gesù li rassicura che avrebbe mandato loro lo Spirito per comprendere meglio le sue parole. Le conseguenze di tutto ciò sono evidenti nella storia degli Apostoli e in quella di tanti cristiani.
Questa storia si ripete oggi. È quello che stai provando, caro Alberto, in questo momento in cui avverti che lo sguardo di Dio si è posato su di te e, ne consegue, la tua disponibilità a servire la nostra Chiesa.
Questi discorsi di addio, presenti nel quarto vangelo, precedono il gesto che Gesù fece prima di quella cena. Si era cinto di un grembiule lavando i piedi agli Apostoli. Un gesto che normalmente spettava ai servi. Come ben conosci, Alberto, c’è stata resistenza da parte di Pietro. Non importa. Gesù aggiunge: “Quello che ho fatto io, fatelo anche voi”. Lo hanno preso sul serio fino al punto di dare la vita. Ecco il tuo ministero: sei chiamato a servire la Parola e a servire i tuoi fratelli, chiunque siano, in qualunque luogo, in particolare in questa nostra amata Chiesa. Se in questo momento ti senti indegno di tale servizio, non importa: percepisci qualcosa di immenso e il Signore che te lo ha fatto capire nelle vicende della tua storia ed è Lui che si fa garante sostenendoti. Tu continua a fidarti di Dio che ti vuol bene. Come ti ha accompagnato fin ora, così non verrà meno e rimarrà sempre al tuo fianco, ovunque tu sarai.
Fermiamoci su questa dimensione del servire che interroga tutti, è un fatto d’amore che non può che essere un dono gratuito.
Servire la Parola, il Vangelo, la lieta notizia. Oggi è urgente un poderoso riannuncio. Spesso diamo per scontato che tutti conoscano quanto il Signore ci ha detto. Non è così. Il Vangelo va raccontato, proclamato e testimoniato con la nostra vita. Nel medioevo una famosa preghiera diceva che noi, oggi, siamo ancora l’unica Bibbia che il mondo riesce a leggere. Lo studio ci può dare una mano, è necessario ma da solo non basta. La Parola di Dio va ascoltata, va meditata, va pregata, va spezzata e spiegata. E’ stata affidata alla Chiesa e di essa tuti ne siamo responsabili.
Servire i fratelli e le sorelle nella carità è la seconda dimensione propria del Diacono. Sono tanti i risvolti della carità che è essenzialmente un fatto d’amore. San Paolo, nella Lettera ai Corinti, ci fa una descrizione e ci offre un sommario. La Carità è paziente, è umile, è rispettosa, è disinteressata, è verità e, soprattutto, non verrà mai meno. Occasioni per vivere questa dimensione non devi cercarle. In ogni momento siamo chiamati a viverla specie con coloro che fanno più fatica a reggere il passo nel cammino dell’esistenza. A volte è fatta semplicemente da uno sguardo di benevolenza, dall’attenzione nel curare relazioni interpersonali, dalla calma nell’ascoltare chi ci sta di fronte, dal passare un po’ di tempo insieme, dall’impegno nel rompere le catene della solitudine, a volte anche con interventi materiali. La vera carità è far si che chi ho di fronte possa camminare da solo; per questo è doveroso intervenire. La Carità è un fatto d’amore vero e proprio. Anche la nostra esperienza ci insegna che dobbiamo far nostro il metodo educativo adottato dal Signore Gesù; lo troviamo nelle Beatitudini. Prima di istruire coloro che si era scelto, li ha amati e glielo ha fatto sperimentare.
Ebbene, caro Alberto, vivi il primo grado del Sacramento dell’Ordine come un dono d’amore del Signore nei tuoi confronti. Perché Lui si è fermato proprio su di te ora non lo puoi sapere. Ti vuole bene, ti accompagnerà sempre, ti riempirà della sua Grazia per farti capire quali sentieri dovrai percorrere.
Non temere, noi siamo con te e siamo riconoscenti a Dio per i doni che Lui continua a farci in modo sempre abbondante e sempre all’insegna della sorpresa.
A Maria, Madre della Divina Provvidenza e nostra Patrona, affidiamo il tuo nuovo ministero al servizio di questa nostra bella e amata Chiesa. Amen.