Omelia Messa del Crisma 2025

17-04-2025

Con questa liturgia entriamo nel culmine della Settimana Santa. La Chiesa vuole che viviamo la Messa del Crisma come presbiterio unito nella preghiera e nella contemplazione dello sguardo che il Signore ha posto proprio su di noi. Vi confesso che questa celebrazione la sento fortemente palpitare in me. Ed è bello ritrovarci anche quest’anno, quasi tutti, vescovo, sacerdoti e diaconi. Sentiamoci uniti anche con chi non c’è, per salute fragile o per altri svariati motivi.

                        Col pensiero andiamo pure al giorno in cui siamo stati consacrati; è più che un ricordo scolpito in noi. Arrivavamo da un lungo percorso di preparazione, ma sentivamo tutta la nostra fragilità ed inadeguatezza, ma il Signore ha voluto così. Lui ci ha scelti, Lui ci ha amati, Lui ci ha accompagnati. Tante volte ha permesso a noi di fare qualche passo falso; voleva che ci rendessimo conto dei nostri limiti, ma mai ci ha abbandonati. Siamo anche stati avvolti dal sostegno e dalla preghiera di tante persone, le nostre famiglie innanzitutto, tanti amici, e tanti che neppure conosciamo. A tutti vogliamo essere riconoscenti.

                        Quand’eravamo a terra, tanti di voi proprio qui in questa cattedrale di Cuneo, altri nella concattedrale a Fossano, uno solo era il nostro pensiero e la nostra preghiera: “Signore, mi affido a Te; fa’ di me ciò che vuoi; sii Tu garante della mia fedeltà; Grazie !”. Sappiamo bene che Lui non ha smesso di custodirci e di guidarci. Forse, magari con un po’ di incoscienza, possiamo dire che ancora saremmo disposti a ricominciare da capo. Io lo farei senza alcun dubbio perché ho toccato con mano, e continuo a constatare la sua mano forte e discreta, il suo amore per me.

                        Essere qui in tanti ci fa sentire presbiterio, un’unica realtà, seppur con tutti i limiti e le qualità che sono state poste in noi. Vi assicuro che spesso, pregando e pensando a voi, mi sento fortunato di poter camminare insieme. So che altrettanto voi ricambiate e mi dimostrate la vostra vicinanza a me.

                        Mi permetto di esortarvi a vivere il vostro ministero nella gioia, nella lode a Dio, con quell’entusiasmo delle origini. Siamo uomini di Dio, chiamati a portare il ‘Lieto annuncio’ a tutti, credenti e non credenti, giovani e adulti, malati e sani, ricchi e poveri, famiglie e single. Tutti hanno diritto d’essere ascoltati, accolti, serviti. Ne consegue l’urgenza di archiviare, meglio, seppellire le nostre frette, le nostre impazienze, i nostri mugugni, i nostri ‘tanto sono fatto così’, o il nasconderci dietro i tanti impegni. Ricordiamoci della bellezza di servire la Chiesa, questa nostra Chiesa, nella quale tuti siamo protagonisti. Da quasi due anni siamo un’unica Chiesa. Essa è frutto di una lunga riflessione partita quasi 25 anni fa e poi approfondita dal tempo di Grazia del nostro Sinodo interdiocesano. Qualche volta stiamo faticando un po’ a camminare insieme, le attese sono tante. Ancora una volta dobbiamo farcene carico imparando a cogliere le ricchezze che ci portiamo dentro proprio perché siamo diversi. La nostra Chiesa cammina, si sta rinnovando, sta interrogandosi sulla sua fedeltà al Signore Gesù e sulla sua presenza nei vari ambienti di vita. E’ la sua Parola che ci guida e ci sprona nella ricerca della vera autenticità. E’ il dialogo con Dio, nella preghiera, la linfa del nostro agire. E’ perdonando che si è perdonati ed è amando che si è amati.

                        Ma riflettiamo ancora sul nostro ministero. Gesù ne scelse dodici perché stessere con Lui. Ha scelto anche noi e vuole che stiamo con Lui. Come quei dodici anche noi siamo formati da Lui; sono convinto che il Signore ci chiede di fermarci di più per stare con Lui. Diamo il giusto spazio alla preghiera, alla vita sacramentale, alla formazione continua, alla fraternità tra di noi, alla carità ed anche alla distensione. Ho l’impressione che spesso il nostro correre ovunque nasconde la povertà del rapporto vitale che dobbiamo avere col Signore.

                        Gesù, come quei dodici, ci ha scelti per portare la sua Parola. Per essere annunciatori del Vangelo di Gesù dobbiamo farlo nostro. Guai se ci illudiamo di saperne già abbastanza. Questa sua Parola va ascoltata, va approfondita, va pregata e va portata e spiegata alle persone a noi affidate. E’ sempre attuale. Ha sempre qualcosa da dire in ogni situazione di vita. Oggi, più che mai, c’è bisogno di riannun-ciarla per mezzo della nostra parola e, soprattutto, va testimoniata col nostro stile.

                        Come il Signore ha fatto con i dodici, così siamo chiamati a stare, a camminare, ad incarnarci nella realtà dove viviamo. Siamo nel mondo, ma non del mondo. Ci può capitare d’essere in mezzo a persone smarrite. Ma, se facciamo atten-zione, proprio costoro attendono parole di speranza, gesti di speranza, scelte di speranza, possibili, oggi. Sono proprio i poveri che hanno questa sete, e sono proprio loro che ci edificano con le loro generosità.

                        Tra poco, benediremo l’olio dei catecumeni che sarà usato per i battesimi. Mettiamo nelle mani del Signore le famiglie ed i genitori; in prima persona sono chia-mati a trasmettere e testimoniare la vita cristiana; non lasciamoli soli.

                        L’olio dei malati mi fa pensare ai nostri malati, ai sacerdoti e diaconi malati, al caro mons. Cavallotto, che certamente in questo momento è unito a noi in preghiera. Di fatto sentiamo la sua mancanza fisica qui tra di noi. Regaliamoci una preghiera in particolare per coloro che, qui presenti, lo riceveranno. Nel contempo, affidiamo a Dio i malati presenti nelle nostre case, nelle nostre comunità, nelle nostre case di riposo, nei nostri ospedali.

                        La consacrazione del Crisma mi fa pensare ai tanti ragazzi che lo riceveranno nella Cresima. Molti si preparano bene a ricevere il dono dello Spirito. Se tanti non saranno fedeli ai loro impegni c’è una responsabilità personale, ma c’ è anche quella delle nostre comunità nelle quali spesso usiamo parole stampate e gesti opsoleti. Il Signore ci aiuti a testimoniare la vivacità e la bellezza dell’essere credenti. Ma il Sacro Crisma mi anche pensare al fatto che non lo userò per dei nuovi sacerdoti. E allora preghiamo per i nostri seminaristi, preghiamo per i nostri giovani. Qualcuno di loro sta interrogandosi sulla possibilità di diventare prete o diacono. Preghiamo perché non venga meno la generosità nel mettersi in questione. E preghiamo per noi, per la nostra fedeltà a Dio. Il Signore ci chiede anche di scovare ed incoraggiare nuove vocazioni di speciale consacrazione a Dio. Diciamo pure che siamo contenti di servire questa nostra bella Chiesa locale.

                        L’ultimo pensiero lo rivolgo al Giubileo che ci coinvolge quest’anno. “Spes non confundit !”. La Speranza non viene meno. La Speranza ci sprona. La Speranza è il motivo della nostra fede. Abbiamo tanti luoghi e chiese giubilari. Proviamo a passare attraverso la porta che è il Vangelo. C’è da lasciare il nostro passato cupo, per cogliere l’agire di Dio e lo sguardo suo posato su di noi.

Grazie, Signore, per il dono della vita.

Grazie, Signore, per il dono della fede.

Grazie, Signore, per il dono del sacramento dell’Ordine.

Grazie, Signore, perché continui a scommettere su di noi, per noi e con noi.

Grazie, Signore, per il dono di questo nostro presbiterio.

Grazie, Signore, per le tante occasioni di misericordia che ci regali.

Grazie, Signore, per il dono della pace.

Grazie, Signore, per i doni e per le prove che ci fai superare.

Grazie, Signore, per le sorprese che ci riservi.

In una parola: “Laudate et benedicite Dominum !”.

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