Omelia in suffragio di don Galdino Azzzalin

31-03-2022

Siamo rimasti tutti sorpresi quando, due giorni fa, abbiamo appreso della scomparsa improvvisa di don Azzalin Galdino.
Ha speso tutta la sua vita nell’insegnamento in seminario di latino e greco due lingue che, come mi dicono, conosceva alla perfezione. Esse sono state degli strumenti per comprendere meglio la Scrittura, in particolare le parole dei Vangeli giunte a noi proprio nella lingua del greco classico.
Il Signore Gesù ha accolto il mandato del Padre ed ha portato a noi la Parola che guida, illumina, nutre la nostra vita. É la Parola che ha creato l’universo. È la Parola che si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi. Non smetteremo mai di sondare, spezzare questa Parola. E lo facciamo per cercare sempre più di comprendere quanto il Signore ci ha detto.
Questa pagina del vangelo di Giovanni ci provoca e ci invita ad interrogarci sulla sua incidenza nella nostra vita. Per noi sacerdoti, a maggior ragione, abbiamo ricevuto l’incarico di essere annunciatori e testimoni di quanto abbiamo appreso incontrando la Lieta Notizia. É d’obbligo interrogarci su come noi ci mettiamo alla scuola di Gesù, alla scuola del suo Vangelo. Nel proclamare il Vangelo ricordiamoci che siamo veicoli di una Parola non nostra, una Parola a cui siamo sottomessi e a cui dobbiamo essere fedeli. Andare alle fonti, anche attraverso le lingue che per prime ce l’hanno mediata, è tentare di cogliere sfumature che, spesso, nelle traduzioni moderne affievoliscono il contenuto. Non sentiamoci mai padroni della Parola: essa chiede studio, approfondimento, preghiera, ascolto.
In questo tempo di quaresima sono molti gli inviti alla conversione che la Parola di Dio ci offre. La ricchezza dei testi biblici è un tesoro che dobbiamo cogliere, amare, vivere sempre all’insegna del grazie che eleviamo a Dio che accompagna il nostro percorso verso di Lui.
Don Galdino ha terminato la sua corsa ed ora è nelle mani di Dio. Ha amato questa nostra Chiesa ed ora continua a servirla dal cielo. Era uno dei nostri sacerdoti più longevi. Sempre più sperimentiamo la mancanza di sacerdoti per le nostre comunità. Essi sono chiamati a costruire unità attorno all’unico Signore, a pascere la porzione del gregge di Dio della nostra Diocesi, ad essere testimoni nella carità. Anche oggi, come Chiesa, ci stiamo interrogando su come essere fedeli a Dio nell’annunciare la bellezza della sua Parola, sempre attuale per noi.
Il problema più grande sta nella vita cristiana delle nostre famiglie e delle nostre comunità cristiane locali. In esse nascono, crescono e maturano tutte le vocazioni alla famiglia, alla vita consacrata e al sacerdozio ministeriale. Sono certo che il Signore non si è dimenticato di noi. Siamo e rimaniamo importanti ai suoi occhi.
Il nostro sguardo va rivolto proprio a Lui, Signore della nostra vita, Signore della nostra storia, Signore della Pace.
Un giorno lo incontreremo e lo vedremo faccia a faccia. Quel momento potrebbe anche essere improvviso ed arrivare un po’ di sorpresa. Teniamoci sempre pronti ad accogliere quella chiamata finale, l’unica importante della vita. Quest’attesa è illuminata dalla Risurrezione. Infatti anche noi siamo chiamati a passare attraverso la morte alla sua Gloria. Quello che ci attende è la festa senza fine dove comprenderemo molte cose nelle quali ci stiamo dibattendo ora. Dio ci vuole con sé e prepara un posto in Paradiso anche per noi. Non vuole fare tutto da solo e ci da l’opportunità del gusto della conquista, della ricerca, dell’impegno.
Tra poco proclameremo la nostra fede nella risurrezione, nella vita eterna, nella fedeltà di Dio. Non dobbiamo temere: Dio ci accoglierà insieme a tutti i nostri cari, tra i quali, ora, anche d. Galdino.