Omelia nella Festa di san Giovenale

02-05-2021

Quest’anno la nostra città è in festa e riusciamo a convenire qui in questa nostra cattedrale libera da ponteggi e ripulita. L’anno scorso eravamo in numero limitato a causa delle restrizioni quasi totali. Tuttavia nessuno ci ha vietato di invocare la protezione di San Giovenale. Ora va meglio e, seppur con qualche restrizione, eccoci qui insieme, comunità civile ed ecclesiale, a venerare il nostro santo patrono.
Aldilà dei tratti tradizionali, molto ricchi, in San Giovenale possiamo cogliere la sua fede incrollabile ed il suo apostolato a Narni, città segnata da culti pagani e da profonde divisioni. Siamo nel IV secolo e da pochi decenni era stata permessa la libertà di culto con l’editto di Costantino. Con la sua parola si è fatto portatore del Vangelo ed ha operato tante conversioni alla fede cristiana. Il coraggio non gli è mancato invitando a cogliere gli interventi di Dio nella storia di quella città.
Noi lo veneriamo da secoli ed abbiamo la fortuna di conservare alcune sue reliquie. Vorrei che provassimo, illuminati dalla Parola di Dio, a leggere la nostra storia facendo nostre le attenzioni di San Giovenale.
E’ più di un anno che siamo segnati da questa pandemia; un tempo lungo che, oltre lo smarrimento e le paure, ci ha costretti a cogliere l’essenziale. Accade sempre così quando si è segnati da prove. La limitazione degli spostamenti ed il distanziamento sociale ci hanno fatto cogliere l’importanza delle relazioni. Forse eravamo troppo formali, forse anche noi abbiamo peccato di paganesimo basando le nostre sicurezze su cose effimere. Abbiamo riscoperto i nostri limiti ed abbiamo capito che da soli non possiamo fare nulla. Meglio, abbiamo colto che siamo nelle mani di Dio e Lui solo è la nostra sicurezza ed il nostro vero riferimento. Per tante persone è stata un’occasione per ripartire dalle proprie case per dialogare ed abbiamo colto il dovere della solidarietà che da forza a chi è più fragile.
Credo sia fondamentale camminare insieme, mettendo da parte egoismi, interessi di parte, campanilismi, … per farci carico di questa nostra città in tutte le sue componenti. Tuttavia, mi chiedo se stiamo agendo proprio così. Ho l’impressione che vi sia una cortina di indifferenza, difficile da scalfire. Nuove povertà sono affiorate e qualcuno guarda al futuro con grande preoccupazione.

La nostra Diocesi, insieme a Cuneo, è impegnata nell’ascolto di tutti in quando vedo necessario un cammino comune rivolto ad un nuovo e più efficace annuncio del Vangelo. Stiamo vivendo la prima parte della stagione sinodale che sfocerà in alcune assemblee che speriamo di realizzare nell’autunno. Va rivisto l’impegno dei credenti sul modello dei primi cristiani di cui abbiamo ascoltato un sommario nella prima lettura. Erano ‘un cuor solo e un’anima sola’. Non possiamo liquidare il tutto pensando che erano le origini e per loro era più facile. Di fatto è stato l’esatto contrario. Sono passati in mezzo a enormi difficoltà e persecuzioni ma non sono venuti meno. Hanno pagato di persona, qualcuno col martirio. Quei primi cristiani si alimentavano grazie alle parole degli apostoli, mettevano in comune i loro beni ponendo attenzione a chi faceva più fatica, vivevano con entusiasmo la loro fede nella preghiera fiduciosa e nella vita sacramentale. La loro testimonianza era palese ed erano stimati. Provavano, pare con successo, ad essere ‘sale’ e ‘luce’ a vantaggio di tutti. E’ un ideale che dobbiamo perseguire. Insieme ci si arricchisce, insieme ci può essere maggior scambio, insieme ci si sostiene, insieme possiamo essere più credibili. Anche il Santo Padre nell’enciclica ‘Fratelli tutti’ sottolinea il valore del sentirci uniti suggerendo gesti concreti di vera comunione. Come credenti siamo testimoni del risorto, sentiamoci pure beneficiari del suo amore gratuito; esso va riversato e testimoniato iniziando dal dialogo, da sguardi e gesti di benevolenza, dalla partecipazione a vari livelli, dal volerci bene infondendo serenità.
Tutto ciò non credo sia utopia; è un qualcosa alla portata di tutti.
Sono certo che Dio continua a fare miracoli, più di quanto pensiamo. Noi stiamo a cuore a Lui il quale continua a benedirci.

Se guardiamo la nostra storia, ci accorgiamo della sua benevolenza. Tra pochi giorni celebreremo i 500 anni di Cussanio. Dio, nella sua provvidenza, attraverso due apparizioni della Vergine Maria a Bartolomeo Coppa, era intervenuto per richiamare i fossanesi all’essenzialità. Si era servito di un pover uomo che non contava agli occhi dei suoi contemporanei. Non si è arreso. Noi, da cinque secoli, siamo i destinatari di quell’appello a ritornare a Dio. Non è un caso la devozione ed il clima di preghiera e di invocazioni che continuano a salire a Dio proprio qui a pochi passi dal centro di Fossano.
In questo giorno di festa, rendiamo grazie a Dio ed invochiamo pure San Giovenale perché ci infonda il coraggio di impegnarci perché la vita sociale di Fossano cresca nell’attenzione a tutti. C’è bisogno di novità, di maggiore coraggio, di costruire legami e relazioni nuove, di credenti e praticanti convinti della bellezza del Vangelo. Se c’è bisogno di conversione, ben venga. Abbiamo dalla nostra parte il modello di vita del nostro santo patrono. Copiamo pure la semplicità di Bartolomeo. Contiamo sempre sulla Provvidenza e sulla intercessione materna di Maria.