Omelia Esequie del vescovo Giuseppe Cavallotto

30-04-2025

Non è facile per me, e per tutti voi, vivere nella fede questo momento di commiato al nostro amico e confratello nell’episcopato. Ho potuto constatare la vicinanza costante e sincera dei suoi familiari, del personale della casa del Clero e del clero. Più volte mi ha espresso la sua riconoscenza verso tutti per le attenzioni meravigliose che riceveva. In queste ultime settimane, in particolare a partire da fine dicembre, è sempre stato pienamente cosciente della sua situazione di salute e si è preparato al suo passaggio verso l’incontro con Dio nella preghiera. lo ha fatto ricevendo l’Unzione degli infermi, insieme ad altri tre sacerdoti.

Ho avuto l’onore e la fortuna di condividere insieme a lui tanti momenti in questi nove anni. Fin dal momento in cui sono stato nominato suo successore mi ha accolto come vero fratello e mi è sempre stato vicino. Più volte ci siamo confrontati e, ogni volta che gli chiedevo un aiuto, la sua risposta era sempre un “si” pieno.

Ha amato, ha servito la nostra Chiesa locale per 19 anni, 10 come vescovo di Cuneo e di Fossano e altri nove anni come emerito. Lo ha fatto fino all’ultimo istante, sempre mostrando interesse per tutti con discrezione e rispetto. Sempre era partecipe di ciò che avveniva nella nostra Chiesa, dimenticando le sue fatiche fisiche. Era al nostro fianco nei ritiri con il clero, nei momenti di formazione e in tutte le celebrazioni importanti in Diocesi.

In questi ultimi anni, ci ha regalato una sua possente opera dal titolo “Il grido dei Profeti”, testo maturato poco alla volta, illuminato dai tempi che ha voluto trascorrere in Terra Santa, dando così continuità al suo lavoro di studioso.

Nelle ultime settimane, il desiderio di terminare il suo libro sui Salmi sembrava quasi “un voler rinviare” l’incontro con Dio. Non ce l’ha fatta a chiudere la sua opera. Manca il Salmo 92 che abbiamo proposto in questa liturgia. Forse non è un caso: ci lascia una direttiva e chiede a noi di farne tesoro e di “terminare il suo libro” nella preghiera e nella lode a Dio.

Coerente con il motto: “Vitam impendere vero”, cioè dedicare la vita alla verità. Il nostro vescovo Giuseppe è sempre stato impegnato nell’annuncio della lieta notizia del Vangelo con grande competenza specialmente nel delicato campo della catechesi e ci ha insegnato ad occuparsi di tutti, principalmente delle famiglie, le prime responsabili dell’annuncio cristiano, esortandoci a non lasciarle sole in modo particolare quando vi sono dei bimbi.

 Voglio ricordarlo alla luce delle Beatitudini. È il proclama del Signore che apre il discorso della montagna nel vangelo di Matteo. È la magna carta del credente. A Dio stanno a cuore i poveri, i sofferenti, coloro che non si scoraggiano, coloro che credono e lottano per la giustizia, per la verità e per la pace. Di tutto ciò, il nostro caro vescovo ha fatto tesoro ed ha vissuto in pieno questa pagina evangelica, costruendo importanti relazioni.

È il Signore Gesù che, prima di istruire e formare i suoi discepoli, li accoglie così come sono esprimendo la gioia, la beatitudine, la felicità del poter camminare insieme. Qualcuno vede in questa pagina evangelica il metodo educativo del Maestro. Deve diventare anche il nostro stile di vita.

Voglio ricordarlo anche alla luce della parabola del seminatore, il Vangelo che è stato proclamato. Il Signore ha sparso il seme della Parola anche attraverso la mediazione di monsignor Cavallotto. Una Parola da lui meditata, pregata, annunciata con forza e determinazione. Di fatto noi siamo il terreno su cui è caduta. Questa Parola l’abbiamo accolta? Qui tutti entriamo in gioco. Con immagini plastiche i profeti ci dicono che la Parola va ‘mangiata’ e ‘ruminata’ per poterla fare nostra. Il nostro fratello Giuseppe è stato terra buona, la Parola ha dato frutto.

Ma c’è anche un aspetto umano che vorrei sottolineare. La porta di casa sua era sempre aperta a tutti e a tutti spesso diceva: “Siete eccezionali!”. Nel suo cuore c’erano tutti i suoi familiari che sempre lo hanno accompagnato, gli studenti che ha seguito presso la Pontificia Università Urbaniana, e tutti noi, in particolare i sacerdoti ed i diaconi. Ancora pochi giorni fa, prima di morire, ha chiesto notizie di un prete ricoverato nello stesso ospedale. A me chiedeva sempre quali erano le novità in Diocesi e gli aggiornamenti sulle persone. Insieme ci siamo sempre scambiati le preoccupazioni e le bellezze della nostra realtà ecclesiale. Nei miei confronti ha avuto tante finezze ed attenzioni come fa un buon padre di famiglia ed un fratello sia nella fede che nell’episcopato.

Ora è nelle mani di Dio. Dal cielo prega e intercede per noi. Sono certo che non vuole la nostra tristezza. Semmai desidera che eleviamo, con lui, il nostro più sincero grazie a Dio e noi volentieri lo facciamo.

Grazie, Signore, per il dono della vita, della fede e della pienezza del sacerdozio.

Grazie, Signore, per l’impegno incrollabile nell’annuncio del Vangelo e del servizio prestato alla catechesi.

Grazie, Signore, per il servizio prestato alla Chiesa come professore prima, come rettore e come vero pastore.

Grazie, Signore, per aver potuto condividere con lui un bel pezzo di strada in questa nostra Chiesa locale che ha profondamente amato.

Grazie, Signore, per la bellezza delle relazioni che ha coltivato con i Vescovi del Piemonte, con sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, e con tanti laici.

Grazie, Signore, per la giovialità e la schiettezza che emergeva in ogni situazione di vita in cui era immerso.

Grazie, Signore, per la testimonianza che ci ha lasciato in questi ultimi mesi su come si abbraccia e si offre la croce del dolore e della malattia.

Maria, Regina della pace, Madonna della Divina Provvidenza, ti accolga per sempre in Paradiso.

Amen!

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