Restituire

«L’uomo restituisce al mondo più di quello che riceve» – insegna Joseph De Finance – «Egli non è semplicemente, come gli altri esseri, un momento del divenire universale. Egli ne è, nel senso pieno della parola, un agente»(J. De Finance, Saggio sull’agire umano). In altre parole, l’essere umano dà una propria impronta ad ogni cosa con cui viene in contatto.
Nella cultura contemporanea l’impronta umana è associata soprattutto all’idea di un danneggiamento. La human foot print (l’impronta umana sulla terra) è vista con un sentimento di terrore simile a quello di Robinson Crusoe che nella sua isola deserta scopre improvvisamente un’impronta umana sulla terra. Invece della meraviglia e della gioia di poter nuovamente incontrare un uomo, egli fugge con terrore e non avrà più sonni tranquilli, sconvolto dal timore che possa esserci un altro umano in quella che ritiene ormai la sua isola, il suo regno (cfr. Defoe, Le avventure di Robinson Crusoe).
Al contrario, l’impronta umana può essere concepita come un valore aggiunto, una potenzialità di sviluppo, una nuova creazione di bellezza. Qui si inserisce l’attività elementare della cultura: restituire ogni cosa con un’impronta di umanità, con il sapore di mani, progetti, pensieri umani.
Restituire non significa riportare indietro, al passato, ma portare avanti, verso il futuro. Significa consegnare nuovamente alle persone e alle comunità il compito di trasformare quanto ricevono dalla natura e dal passato per renderlo più corrispondente alla volontà del presente. Restituire vuol dire mettere se stessi, la propria mano plasmatrice, la propria idea per creare un pezzo di storia.
Ogni mattino allo specchio troviamo il volto che ci è assegnato, ma lo restituiamo trasformato da un sorriso o da una smorfia di fatica che ci nascono dentro. È il primo atto giornaliero di restituzione. Da qui si prosegue per il resto del giorno …