Nuove vite nel silenzio

Cosa succederebbe se gli archivi fossero persone in carne ed ossa? Una tra le caratteristiche più forti sarebbe proprio il tacere, inteso come ha ben delineato don Giuseppe nella parola di questo mese. Essi infatti conoscendo il tanto bene e il male compiuto dagli uomini arriverebbero a quel “silenzio maturo, consapevole del limite proprio e della vastità del mistero”. Già, gli archivi sono custodi fidati e silenziosi del nostro passato che non emettono giudizi o condanne affrettati. Si potrebbero portare ad esempio diversi documenti che l’Archivio storico diocesano conserva e che suscitano questa riflessione; si potrebbe anche parlare dei vuoti documentari, cioè delle assenze di testimonianze scritte (per semplice incuria o per umana volontà) di specifici periodi o avvenimenti storici. Vorrei portare però il pensiero ad una tipologia documentaria particolare che ben si lega al tema del tacere: i registri dei bambini esposti.

Nel fondo archivistico della parrocchia di S. Maria della Pieve (Cuneo), il cui riordino è in fase di completamento, sono emersi 20 registri dei verbali di esposizione di bambini e bambine, nell’arco cronologico tra il 1838 e il 1857. È la documentazione con la quale si annotavano i neonati abbandonati dai genitori presso l’Ospedale Santa Croce (all’epoca, nell’edificio che porta ancora oggi il suo nome e di competenza territoriale della parrocchia suddetta) o consegnati al personale stesso. Per ogni neonato è registrata l’ora di ritrovamento e il luogo, per lo più la ruota cioè un meccanismo che garantiva l’anonimato dei genitori e contemporaneamente la salvezza del piccolo; dopodiché si trova la descrizione di cosa portava con sé, in termini di vestitini ma anche di oggetti come santini, spille, cuffie, piccoli giocattoli. Termina l’atto l’assegnazione del nome e cognome e l’indicazione dell’avvenuto battesimo.

Sfogliando questi registri e i loro simili conservati in molte altre parrocchie, sale un senso di tenerezza e di pietà. È fondamentale anche il saper tacere: quel silenzio maturo, che non emette giudizi o condanne, qui gioca un ruolo chiave, di fronte alla difficoltà della vita delle madri che hanno dovuto abbandonare la propria creatura. Non sappiamo nulla di loro, era raro un riconoscimento successivo. Possiamo certamente provare rabbia e sofferenza, ma al contempo questi documenti ci parlano del silenzio di chi ha accolto queste nuove vite, salvandole da morte certa e offrendo loro una nuova possibilità. Forse, proprio quelle “orme del mistero di Dio nella storia del mondo” sono rintracciabili nelle nutrici, nelle suore, nei confratelli e consorelle della Confraternita di Santa Croce che avevano questo compito di accogliere.

C’è ancora un silenzio, quello più difficile e doloroso: questi bambini, una volta cresciuti, non sapevano chi fossero i propri genitori e spesso si portavano questo macigno impresso nei loro nomi e cognomi, quasi fosse un marchio di infamia. Per loro il silenzio è stato un punto di partenza. La delicatezza di questo argomento trova dei riscontri ai giorni nostri: la prassi archivistica, insieme alla legislazione sulla tutela del diritto alla riservatezza e dignità personale, promuove una certa attenzione per ricerche genealogiche di questo genere. Infatti pur essendo presente numerosa documentazione, sia nelle istituzioni religiose sia in quelle civili, per poter accedere ad essa è necessario dimostrare di essere il discendente nonché il diretto interessato. È una modalità di tutela di questo silenzio primordiale e inaspettato che ha rifiutato una vita, per diversi motivi. Compito dell’archivista è quello di accompagnare l’utente fino al certificato di esposizione.

Dunque negli archivi il saper tacere di fronte alle sofferenze umane emerge con la stessa forza del silenzio per le gioie. Una delle lezioni che si possono apprendere stando in mezzo ai documenti è quella proprio del silenzio: ascoltare e rispettare sono le due azioni conseguenti il tacere che permettono di “sviluppare nuove sensibilità”. Gli archivi aspettano, in silenzio…

Martino Dutto   archivista