Lanteri Pietro – Relazione sulla febbre epidemica a Cuneo nel 1774-1775

Tra il materiale bibliografico della Biblioteca Diocesana, con interesse per la realtà cuneese, vi una un’opera non stampata a Cuneo, ma scritta da Pietro Lanteri, un cuneese di immigrazione, ma poi ben radicato in città come medico. La sua notorietà venne poi legata a quella del suo figlio più illustre: il venerabile Pio Bruno Lanteri.

Pietro Lanteri, nato a Briga il 25 ottobre 1721, si laureò in medicina a Pavia, ed iniziò il suo servizio di medico a Cuneo, probabilmente attorno al 1746. Nello stesso anno si sposò con Margherita Fenoglio, presso la chiesa della Madonna degli Angeli. Il loro figlio più noto, Pio Bruno, nacque il 12 maggio 1759.

Il dottor Lanteri svolse la sua professione soprattutto presso il locale ospedale della confraternita di Santa Croce. Verso la fine del mese di settembre scoppiò una fortissima febbre epidemica, di cui si avevano avuto dei sintomi già nei mesi estivi molto caldi. Mentre si ritenne che i morti nell’estate fossero causati da colpi d’aria di persone troppo accalorate, da ottobre dilagò in modo rapido una terribile epidemia che colpì in modo principale persone robuste ed in particolare i militari della grande caserma. Il dottor Lanteri calcolò che circa 1.400 saldati (la caserma ne conteneva 1.600) furono ricoverati in ospedale e parecchi morirono.

Da questa terribile esperienza il dottor Lanteri stese una relazione clinica di notevole precisione. Descrisse in dettaglio i sintomi e le fasi della malattia, distinguendoli in tre livelli di gravità. Le manifestazioni più gravi partivano da emicranie fortissime, poi dolori articolari, per colpire la respirazione, sia con tosse o affaticamento del respiro, e soprattutto nausea, diarrea, vomito, sanguinamento dal naso. Egli ne annota la progressione fino a 10/15 giorni di questi dolori atroci. Alcuni morivano già nella prime fasi, altri superavano la durissima prova. Le condizioni igieniche causavano altri mali, da infezioni a piaghe di decubito e cancrene! Tra i colpiti dal morbo e morti a causa di esso, sono pure ricordati due chirurghi della guarnigione militare che si erano prodigati nella cura dei soldati.

I rimedi di cui si disponeva erano per lo più inadeguati; egli parla di vari infusi di erbe, in particolare di cicorie ed altri ortaggi, di cui nell’inverno non vi era disponibilità.

Il resoconto scritto dal Lanteri è sintetico (sono 96 paginette) e tecnico, non tanto nell’individuare le cause, su cui non trovò elementi sicuri, ma si sofferma nella descrizione dei vari livelli di sintomi, comprese le sospette forme di asintomatici. Anche sui rimedi non andò oltre le risorse di quel tempo. Il suo merito sta quindi nella presentazione clinica dell’evolversi del male per permettere in circostanze simili una diagnosi tempestiva. Dall’insieme si coglie la dedizione con cui il dottor Lanteri visse questo suo servizio.

Quasi come legge di contrappasso egli morì il 31 ottobre 1784, quando si stava profilando un altro ondata di simile epidemia. Venne sepolto nel nuovo cimitero, ma senza grande tracce della sua memoria, perché i tre figli maschi che gli sopravvissero erano tutti e tre religiosi.

                                                                                                                                                    Gian Michele Gazzola

 

 

Febris epidemicae, quae Cunei anno MDCCLXXIV, et LXXV grassata est, Historia / a Petro Lanteri cuneate … clarissimis Civitatis Syndicis, et Decurionibus dicata. – Nicae : apud Gabrielem Floteront, 1776. – LII, 96 p. ; 18 cm