“Nel mese di maggio, insieme ai vicari generali, ho avuto modo di incontrarvi nelle zone per fare quattro chiacchiere sul tempo di lockdown. Ho respirato un clima sereno, fraterno, e c’è stato un buon coinvolgimento di tutti”. Così inizia la lettera aperta che il vescovo Piero ha scritto ai sacerdoti e ai diaconi delle diocesi di Cuneo e di Fossano condividendo con loro impressioni sulla pandemia e prospettive sul cammino futuro della Chiesa locale.
“È emerso – scrive il vescovo – con grande chiarezza chi siamo, con tutte le nostre fragilità, le nostre paure, le nostre attese… esserci fermati ci ha fatto del bene. Abbiamo recuperato un po’ di tempo per noi, per la nostra preghiera, per la casa, per la lettura, per mettere un po’ d’ordine anche come sacerdoti e diaconi”.
Le relazioni sono un tassello fondamentale per il vescovo Delbosco: la prima verso Dio, poi con i confratelli e con la comunità. Il lockdown ha permesso a ognuno di prendersi del tempo, anche con qualche difficoltà. Il Vescovo interpreta ciò che è successo usando la metafora del pallone che cadendo si deforma e nel contatto con la terra riprende forza: “Abbiamo bisogno di ridimensionarci, di momenti di stallo, di aderenza con la nostra madreterra per poter rivolgere meglio lo sguardo verso il cielo. Se siamo solo stati a guardare il silenzio per le nostre strade, il vuoto nelle nostre chiese, i numeri televisivi, è inevitabile che siano entrate in noi malinconia e paura. Mi consola il fatto che, chi più chi meno, non siete stati fermi nel ministero di pastori. La nostra gente ci ha aiutati e ci ha chiesto presenza, relazioni, parole di speranza”.
Questo tempo ha fatto anche emergere i limiti e i pregi dell’azione pastorale. Il vescovo ne elenca alcuni.
Va preso del tempo per i sacerdoti, diaconi e laici di stare insieme per arrivare ad una vera corresponsabilità di questi ultimi, eliminando ogni forma di clericalismo.
L’uso dei media si è presentato nella sua novità e deve essere usato saggiamente.
L’Eucaristia è fonte e culmine della vita cristiana e durante il confinamento si è sentita la mancanza.
La Parola di Dio annunciata, proclamata, pregata e spezzata deve essere conosciuta nelle nostre comunità attraverso vere “Lectio divine”.
Il volto delle parrocchie che cambia comporta che anche i parroci cambino e vedano la parrocchia come luogo di relazione, incontro e preghiera.
I giovani chiedono attenzione e, in questi tempi, hanno dimostrato potenzialità e generosità, se stimolati sono capaci di grandi cose. Possono essere un valido aiuto per le Caritas parrocchiali. Come è uscito nei lavori di gruppo del convegno sui Giovani, hanno chiesto esplicitamente al clero maggiore coesione e testimonianza.
Da non dimenticare è l’attenzione ai malati, alla sofferenza in genere e alla elaborazione del lutto. Le norme sanitarie hanno isolato ospedali e case di riposo, la Chiesa ha denunciato l’impossibilità di essere vicina a chi soffre, ma ora bisogna essere vicini.
Per quanto riguarda le assemblee, il vescovo ha apprezzato la serietà nell’adottare le norme di sicurezza, evitando assembramenti e curando la sete di spiritualità con l’attenzione alla pietà popolare.
Le attività estive per ragazzi e giovani, con fatica ed apprensione, sono partite e stanno registrando una generale soddisfazione da parte delle famiglie. Sono il segno che alla Chiesa interessa l’educazione di bambini, ragazzi e giovani.
Infine, il vescovo non nasconde la sua preoccupazione nelle relazioni in atto tra sacerdoti e diaconi. Chiedere di mettere da parte chiacchiere, gelosie, critiche e incidenti del passato per costruire unità.
La seconda parte della lettera è rivolta all’accorpamento delle diocesi di Cuneo e di Fossano: il vescovo chiede di vedere questa prospettiva come un’occasione per ripensare tutta l’azione pastorale e tutta l’organizzazione.
“Credo fermamente nella ricchezza di un unico percorso per le nostre diocesi. Ostacoli da superare non mancano. Nel contempo, è più quello che ci unisce rispetto ad abitudini differenti. Confido nella valorizzazione delle qualità di cui siamo detentori: vanno condivise e donate. I muratori ci insegnano che le fondamenta solide si basano sulla roccia ma anche sulle macerie. Nulla va sprecato”.