Gridare

Uno dei compiti essenziali della cultura è dare espressione al grido umano. Dal Laocoonte antico all’Urlo di Munch, in vari modi gli umani hanno rappresentato la propria condizione di sofferenti sulla terra. Nel Laocoonte antico il grido è giustificato esplicitamente dai serpenti avvinghiati: c’è una causa precisa per cui quell’uomo grida. Nell’opera contemporanea di Munch l’urlo occupa tutta la scena, dice l’essenza umana indipendentemente da una specifica causa. L’uomo è colui che grida! Diversamente dalle macchine, che comunicano tra di loro in modo misurato e strettamente funzionale, gli umani caricano la propria comunicazione di eccesso. E’ un modo per richiamare l’attenzione su di sé, come succede nel mondo animale. Ma con un’ulteriore profondità: è l’anima che si manifesta nella sua nudità, nel suo bisogno assoluto di essere salvata dalla disperazione. Ecco una possibile origine della cultura: «Permane dappertutto un vero e proprio grido o anche un grido muto. Il che mi ha indotto recentemente a chiedere amichevolmente a Jürgen Habermas se è certo che il senso originario del linguaggio umano sia la comprensione e non forse, invece, il grido…» (J.B. METZ, Sul concetto della nuova teologia politica, 229). Il grido è la tonalità che prende il dialogo tra l’ordine cosmico dell’universo e l’ordine umano della libertà. Sotto il cielo l’uomo grida perché anche la sua voce sia tenuta in considerazione nel fluire della storia.