Confini: fratture sulla carta

Nel fondo archivistico della Curia vescovile è conservato un pass rilasciato dalla Nunziatura apostolica di Torino a don Felice Boeri (1815? – 1889) per potersi recare a Roma nel maggio 1862. Antenato dei nostri passaporti, sono indicati alcuni tratti fisici, la condizione lavorativa e la domiciliazione. Questo documento ha permesso al prevosto di Castelletto Stura di entrare nello Stato Pontificio, cioè gli è stato concesso di superare un confine.

I confini «sembrano inviolabili ed eterni, vengono tracciati in corrispondenza delle barriere naturali così da apparire a loro volta naturali» (S. Khosravi, Io sono confine, Eleuthera 2019, p. 20). Sono dei segni umani che fratturano la continuità territoriale. I confini proteggono e creano identità, ma, come la storia dimostra, sono anche causa di conflitti con lo straniero, se non addirittura internamente.

Le diverse articolazioni dell’amministrazione civile, così come quella ecclesiastica, si basano su confini, cioè su fratture che definiscono responsabilità e compiti. Leggendo l’atto di fondazione della nostra Diocesi o le mappe conservate sono ben visibili quei tratti che individuano un’area geografica. Se queste fratture sono importanti per la gestione amministrativa, allora cosa significa ripartire dalle fratture, come suggerisce don Giuseppe nella parola del mese? Guardando anche ai temi sinodali, significa avere il coraggio di riconoscere o ricostruire se necessario un’identità: questa è composta innanzitutto di memoria e gli archivi ne conservano le tracce. Ripartire dalle fratture significa anche saper ricucire questi strappi e individuare dei punti in comune su cui costruire un’identità di rispetto reciproco e di crescita. 

Nella storia ci sono state tante fratture, rappresentate da litigi tra parrocchie, guerre tra Stati, scambi di territori tra le Diocesi: i passaporti vecchi o antichi come quello qui riportato ricordano l’estrema volatilità dei confini umani. Pur senza perdere la propria identità, la frattura con l’alterità dev’essere occasione di crescita per entrambe le parti; creare dei pass per superare il confine non è mai un sintomo buono, ancor più se parliamo di comunità cristiana.

Martino Dutto