Omelia nella Messa del Crisma 2019

Da Dio siamo stati scelti per portare il lieto annuncio
17-04-2019

Eccoci riuniti per vivere con intensità questa celebrazione nella quale facciamo memoria del dono che, anni fa, abbiamo ricevuto: il sacerdozio ministe-riale. E’ la celebrazione che fa da cerniera con il Triduo pasquale che vivremo con le nostre comunità parrocchiali.

Da Dio siamo stati scelti, da Dio siamo stati consacrati per un preciso compito: per portare il lieto annuncio, il Vangelo di Gesù, la lieta notizia a tutti, nessuno escluso. Nelle nostre mani è stato messo il Vangelo perchè sia nostro alimento e per trasmetterlo con fedeltà. Non è nostro, è Dio che vuole far rialzar la testa a coloro che a noi sono affidati. E noi lo facciamo con le parole e, soprattutto, con la nostra vita. E’ esperienza di tutti: quando in noi c’è disordine, amarezza, divisione, anche il nostro annuncio ne risente ed il nostro ministero è annebbiato.

I testi biblici spesso ci pongono di fronte a gesti di unzione e di consacrazione. E’ l’olio che scende sui grandi personaggi della storia della salvezza. E’ l’olio del crisma che il vescovo ha unto le nostre mani nel giorno della nostra ordinazione sacerdotale. Sono proprio le nostre mani che consacrano il pane e il vino nell’Eucarestia; sono le nostre mani che benedicono. Sono le nostre mani che si uniscono nella preghiera, che abbracciano, che invocano, che si stringono nei saluti. Sono le nostre mani che offrono e che porgono il Corpo di Cristo. Ancora, sono le nostre mani che scrivono, che costruiscono, che si sporcano nel lavoro.

A partire dalla nostra consacrazione siamo stati inseriti nel presbiterio diocesano per essere un solo corpo, visibile a tutti. Le nostre due Chiese locali già da tempo compiono passi di vera comunione. Nei mesi scorsi, incontrandoci tra sacerdoti e diaconi, e poi, con i rappresentanti dei laici presenti nel Consiglio Pastorale interdiocesano, abbiamo scelto di camminare verso l’accorpamento delle nostre due realtà ecclesiali, come il Santo Padre aveva chiesto a noi vescovi italiani in occasione della CEI nel mese di maggio. E’ una scelta importante che sigla un cammino iniziato già tanti anni fa e portato avanti dai miei predecessori. Stiamo ipotizzando passi concreti, ma ciò che conta è la comunione che insieme dobbiamo costruire. Dobbiamo cercare innanzitutto la Comunione con Dio e poi la comunione tra di noi. Essa è fatta di gesti, di intenzioni, di sinergie, di finezze, di preghiera gli uni per gli altri, di vicinanza, di dialogo, di ascolto reciproco, di pazienza, di verità. Non dobbiamo aver paura di disturbarci, di andare a trovare qualche nostro confratello, di passare un po’ tempo insieme. Sinceramente sono preoccupato per coloro che vivono soli e che vedo di rado o mai nei nostri momenti formativi. E’ presunzione il pensare di bastare a noi stessi, forti di ciò che sappiamo o di esperienze collezionate in passato. Vivere da soli non è essere Chiesa. Se in passato vi sono stati screzi o incidenti nelle relazioni reciproche, sono fatti da superare anche sulla dimensione del perdono, da dare e da ricevere. Siamo chiamati a dare testimonianza alle persone a noi affidate di vera comunione, di vera unità, di reciproca stima, di unità di intenti, seppur salvaguardando i carismi che Dio, con tanta abbondanza, ha riversato in noi. Tutto è dono. Guai se si annida il germe dell’indifferenza, dell’autoisolamento, del giudizio freddo e poco fraterno.

Guai se ci sentiamo i soli giusti, i soli sapienti, i soli integerrimi, i soli veri pastori, …

Guai se ci rifugiamo nel fare dando l’impressione di essere sempre indaffarati a scapito della doverosa formazione e della spiritualità. Ricordiamoci che Dio ci vuole salvare insieme, che Dio non sa che farsene delle nostre frenesie: Dio vuole che stiamo con Lui. Camminare verso l’accorpamento pieno delle nostre due diocesi è un’autentica benedizione a condizione che tutti ci mettiamo in gioco, senza paura di perdere qualcosa, guardando, invece, a ciò che possiamo donarci delle ricchezze spirituali e materiali: e sono tante. E’ un qualcosa di nuovo che ci apprestiamo a costruire valorizzando ciò che già c’è, servendo meglio le nostre realtà, con il coraggio di tagliare ciò che è opsoleto e di peso per la freschezza dell’annuncio evangelico. Dicendo questo, è evidente che sono molto fiducioso e attendo molto da questa operazione che non è semplicemente un giustapporre elementi paralleli. Lo Spirito Santo continua ad essere all’opera e ci illuminerà nel percorrere sentieri nuovi ricchi di sorprese. Ne sono certo.

Mi sono fermato sull’espressione di Isaia, contenuta nella prima lettura: “Io darò loro fedelmente il salario, concluderò con loro un’alleanza eterna !”. A prima vista possono sembrare parole secondarie. Se ci caliamo in esse, cogliamo il “salario” che già abbiamo ricevuto. Dio ci ha ricolmato di benedizioni proprio a partire dal nostro ministero. Infatti molto spesso veniamo a contatto con la bellezza interiore delle persone che incontriamo, le loro conversioni, le loro generosità, le loro attenzioni, le varie facce della carità. Noi siamo in posizione privilegiata nell’osservare e sperimentare l’azione dello Spirito. Anche osservando i cambiamenti del nostro ministero possiamo cogliere l’agire di Dio che ci invita a reinventarci scoprendo talenti nuovi, che magari pensavamo di non avere. La parola “salario” va intesa guardando alle sicurezze che sperimentiamo e che ci arricchiscono di valori. Molto abbiamo ricevuto e molto continuiamo a ricevere, certamente senza alcun merito. Ma, se è così, è d’obbligo aprirci alla carità, al dono, alla riconoscenza. Non vergogniamoci a ringraziare chi sta accanto a noi, i nostri parrocchiani, i nostri malati che pregano sempre per noi, … e anche le persone che ci fanno esercitare la virtù della pazienza. Non vergogniamoci di ringraziarci per le diversità che possiamo donarci. Non vergogniamoci di dire grazie a chi ci riprende e ci invita a ritornare alla freschezza delle origini del nostro ministero sacerdotale. In quest’occasione, mi permetto di esprimervi la mia gratitudine per la vicinanza umana e di fede che tutti avete con me. Spesso, vi assicuro, ringrazio Dio per voi, per il vostro servizio alla Chiesa, per le vostre generosità, per il vostro impegno.

Permettetemi di soffermarmi ancora sul dono ricevuto con l’imposizione delle mani.

Quel giorno è Dio che si è impegnato per noi. Siamo stati riempiti del suo Spirito. E’ un dono fatto a noi, ma da riversare sulle persone a noi affidate. Il nostro compito è quello di servire, edificare, evangelizzare, guidare, santificare, … in una parola Amare la Chiesa. Amare questa nostra Chiesa. Camminare insieme alle persone a cui siamo stati affidati. E qui mi rivolgo alle religiose e ai laici qui presenti. Vi chiediamo di sostenerci con la vostra amicizia e con le vostre preghiere. Ne abbiamo tanto bisogno. Ci scusiamo per le nostre fragilità e debolezze. Aiutateci a vivere bene il nostro ministero e non lesinate anche ad esortarci ad essere fedeli. Siamo convinti che a voi siamo stati affidati e che la nostra santità dipende anche da voi.

Infine voglio pensare ai gesti di benedizione e di consacrazione che ora faremo sugli oli. L’olio per i catecumeni ci fa ricordare coloro che riceveranno il Battesimo entrando così a far parte delle nostre comunità e della Chiesa intera. Non dimentichiamo i malati, forse anche qualcuno di noi, che riceveranno la consolazione dell’Unzione. Loro pregano sempre per noi ed hanno sempre bisogno di consolazione, di vicinanza, di condivisione. Il sacro Crisma mi fa pensare e pregare per i ragazzi che riceveranno la Cresima. Ne vedo tanti, con tanti buoni propositi che non sempre mantengono. E’ responsabilità loro oppure siamo noi che non diamo loro sufficiente testimonianza ?  Purtroppo quest’anno non sarà usato per la consacrazione di qualche sacerdote. A tal proposito vi chiedo di pregare per chi è in cammino: sono tre. Non cessiamo di chiedere al Signore il dono di nuovi sacerdoti. Ne abbiamo tanto bisogno. Essi nascono dalle nostre famiglie cristiane, dalla fede e dalla generosità dei nostri genitori, dalla vitalità delle nostre parrocchie.  Dio non si è dimenticato di noi. Se stiamo passando in mezzo a prove, certamente ci sarà uno sbocco di luce perchè, come la natura ci insegna, dopo la tempesta arriva il sereno. Noi non smettiamo mai di domandare, lodare e ringraziare Dio !