Omelia celebrazione di chiusura del Sinodo

24-06-2022

Con il racconto del miracolo a Cana l’evangelista Giovani apre il libro dei segni. Siamo nel contesto di una festa di nozze dove Gesù e i suoi fanno parte degli invitati. Quegli sposi, forse, non avevano calcolato la profonda sete di quella gente e, venendo a mancare il vino, quella festa era compromessa.
Maria se ne accorge e provoca l’intervento del Signore: “Riempite d’acqua le anfore !”. E poi: “Portatene al maestro di tavola !”.
E’ una bella immagine che si addice a ciò che stiamo vivendo. Anche noi abbiamo anfore vuote; vanno riempite.
Riempiamo le nostre anfore della forza del Vangelo: è la giusta parola per noi e per i nostri compagni di viaggio.
Riempiamo le nostre anfore con l’acqua che da vita e vigore alla nostra testimonianza sulla bellezza e sull’attualità di Gesù di Nazareth.
Riempiamo le nostre anfore con il rinnovamento della nostra pastorale senza aver paura a percorrere strade nuove, insieme, dando spazio a voci profetiche e ascoltando coloro che incrociamo lungo il cammino.
Riempiamo ancora le nostre anfore con la disponibilità nel metterci in gioco lungo sentieri che lo Spirito ci indicherà. E’ proprio lo Spirito il grande protagonista della vita della nostra Chiesa. Lo abbiamo sperimentato nelle Assemblee sinodali e lo sperimentiamo in tutte le nostre realtà ecclesiali.
Abbiamo bisogno di guardare a quella comunità cristiana delle origini. Come avete sentito, la prima lettura ci pone di fronte ad uno dei sommari degli Atti egli Apostoli. Essa contiene, più che una descrizione, il programma di quella comunità delle origini. La loro forza stava nell’ascolto della parola degli apostoli, nell’Eucarestia, nella preghiera comune e nella carità. Gli Atti ci danno un sommario idilliaco, ma noi sappiamo che già alle origini vi erano divergenze come ci riferisce s. Paolo.
Queste quattro caratteristiche sono il punto di riferimento per ogni comunità cristiana, quindi per la nostra Chiesa. Se vogliamo operare qualsiasi cambiamento, da qui dobbiamo partire. Siamo un’unica realtà seppur organizzata attorno a due poli. Dobbiamo far nostro quella sintesi: “Erano un cuor solo e un’anima sola”. Con fiducia, guardiamo a ciò che già ci unisce: supera di gran lunga le diversità. Se così faremo, vedremo anche noi prodigi e segni.
In questo momento, rendiamo gloria a Dio per quanto Lui ha già operato proprio in questa nostra storia recente nel tempo del Sinodo.
Di fatto, abbiamo assistito all’abbondanza della sua Grazia. A Cana aveva trasformato in buon vino circa 600 litri d’acqua. Uno sproposito per quella festa di nozze. Qui, nella nostra realtà, si sono moltiplicate osservazioni ed interventi vari che rivelano il gusto per l’annuncio del Vangelo. Non tutto ciò che è emerso sarà realizzabile, ma abbiamo tanta strada da fare.
Facciamo nostro il motto di d. Stefano Gerbaudo, servo di Dio, “A pochito pochito”. Lui lo correlava anche con l’aggiunta: “La santità a tuti i costi !”.