Lettera pastorale «Abitare»

per l'anno 2016-2017

La parabola dei talenti è l’icona biblica che possiamo prendere in questo anno pastorale. Siamo chiamati ad “abitare” questa nostra terra investendo proprio i talenti che il Signore ci ha affidato e che noi, nel cammino della vita continuiamo a scoprire. Sono l’espressione del suo amore che si cala in noi e noi dobbiamo farne tesoro. È Dio che ci conosce, è Dio che ci ha scelti, è Dio che ci riempie di attenzio- ni e si aspetta una risposta non spadroneggiando del creato o dei luoghi di cui siamo responsabili, ma tenendo conto che tutto è suo e di tutto un giorno ce ne chiederà conto.

Quei tre servi della parabola avevano ricevuto doni diversi; i primi due li hanno amministrati e hanno fatto circolare ciò di cui erano entrati in pos- sesso senza loro merito. Il terzo ha preferito con- gelare quel che aveva e non ha affrontato la sfida della vita.

“Abitare” vuol dire entrare dentro a quanto abbiamo, tenendo conto che si tratta di doni di Dio. A Lui un giorno ritorneranno. Ce ne chiederà conto. L’augurio che ci facciamo è quello di essere servi fedeli che hanno fatto tutto ciò che potevano fare. Nello stesso tempo ci contiamo sulla benedizione di Dio.

“Abitare” significa cogliere le ricchezze, le aspirazioni, i talenti, le qualità di chi mi sta accanto e far si che si senta a casa e possa esprimere al meglio se stesso, senza prevaricazioni, né condizionamenti, né ritrosie.

“Abitare” significa ancora gioire per la bellezza delle persone e del creato. Il nostro mondo è il luogo che Dio ha scelto per parlare al nostro cuore, per aprirci alla meraviglia dell’immensità dei suoi interventi e miracoli che continua a fare.Va bandito ogni atteggiamento di autonomia, di invidia e di pretesa di possedere. Spesso, ho l’impressione che siamo troppo abituati alla straordinaria azione del Creatore dandola per scontata o dovuta.

“Abitare” è far nostro uno stile di vita all’insegna della benevolenza, dell’accoglienza, del discerni- mento, del dialogo, dell’integrazione con qualsiasi nostro fratello o sorella, come ci dice papa France- sco nella Laudato si’ al capitolo ottavo; non importa se è dei nostri. Sufficiente è cogliere che è Figlio di Dio, come ognuno di noi.

“Abitare” vuol dire sapersi fermare bandendo i ritmi odierni tutti all’insegna della velocità. Lo sguardo sul creato inevitabilmente ci porta all’Au-tore di ciò che ci circonda. Dio ha dipinto, ha creato, ha cesellato l’ambiente che ha messo nelle nostre mani. Lo ha armonizzato affinché ogni cosa ed ogni persona possa trovare la sua giusta collocazione. Anzi, ha voluto l’uomo al centro rendendolo capace di continuare la sua opera rispettando e coltivando il suo giardino. Ha donato a noi la libertà lasciandoci prender atto di questo suo volere e ci ha invitati ad amministrare le sue opere. In una parola, si è fidato di noi, sue creature, e ha“passato le consegne”. È normale sentirsi piccoli nei nostri ambienti di vita. È bello stupirci per quanto ha voluto mettere nelle nostre mani. Lui non sta a guardare; non è un Dio giudice geloso ed opprimente.Vuole che mettiamo in atto i doni ricevuti, fidandosi della nostra fantasia e della libertà di cui ci ha dotati, correndo il rischio che qualcosa sia deturpato.

Quando Dio ci chiamerà a se prenderà in considerazione non quanto abbiamo prodotto nell’in- vestimento dei talenti ricevuti. Nemmeno terrà conto del successo umano delle nostre imprese. Ci giudicherà su quanto abbiamo amato Lui e le persone a noi affidate, quanto abbiamo amato il creato amministrandolo nel rispetto delle leggi della natura, senza operare alcuna violenza o manipolazione indebita. Tirerà le fila e ci consola il fatto che comunque sarà un giudizio d’amore all’insegna della misericordia. Siamo chiamati a camminare liberi, senza paure.