08 – Matrimonio di persona cattolica sposata solo civilmente e divorziata

Configurazione del caso
1) Il fedele cattolico sposato solo civilmente e già divorziato è libero di fronte alla Chiesa perché il matrimonio civile è invalido per mancanza di forma canonica

2) La precedente scelta di un’unione civile induce ad approfondire le convinzioni del richiedente sul matrimonio cristiano soprattutto circa l’indissolubilità e il ruolo della Chiesa nella celebrazione.

3) La persona divorziata, inoltre, può aver contratto obblighi nei confronti del coniuge sposato civilmente e nei confronti di eventuali figli ed è tenuta a dare attuazione a tali obblighi.

4) La celebrazione del matrimonio nel caso sopra configurato richiede la licenza dell’Ordinario del luogo qualora ci siano realmente gli obblighi di cui sopra.

5) Nel caso in cui il nubendo, che è stato precedentemente sposato solo civilmente, non sia cattolico (acattolico o non battezzato) occorre valutare con attenzione la validità o meno del precedente matrimonio, consultando l’Ordinario del luogo.

Il parroco
1) Presenti domanda all’Ordinario del luogo, allegando copia della sentenza di divorzio e, ove fosse necessario, anche il provvedimento di separazione. Nella domanda dia assicurazione che la persona divorziata mostra di avere:
a) la retta volontà coniugale;
b) l’impegno all’osservanza degli eventuali obblighi derivanti dalla precedente unione civile.

2) Per giudicare circa la retta volontà coniugale, si accerti, con tutta doverosa prudenza, dei motivi che hanno portato al matrimonio civile e alla sua crisi. Sarà in particolare necessario che aiuti il richiedente a prendere coscienza della sostanziale diversità tra l’attuale richiesta di sposarsi religiosamente e la precedente scelta dell’unione civile.
È importante in particolare aiutare la persona divorziata, che domanda di sposarsi in Chiesa, ad intendere il nuovo matrimonio come una scelta definitiva e irreversibile. Chi viene da un’esperienza di divorzio deve infatti essere aiutato a non cadere in una mentalità divorzista, ma ad affrontare il matrimonio cristiano credendo fermamente nella sua indissolubilità.
Occorre poi operare un saggio discernimento sulle motivazioni dei nubendi. Infatti, a volte il fallimento del precedente matrimonio è uno stimolo alla conversione e alla ricerca di una nuova unione nel segno della sua stabilità. Altre volte, soprattutto quando è già in atto una convivenza, rimane prevalente l’intento di trovare, risposandosi, una semplice regolarizzazione ed è possibile che non ci sia ancora un’ autentica volontà coniugale.

3) Quanto alla verifica dell’impegno all’osservanza degli eventuali doveri derivanti dal precedente matrimonio civile (verso l’altra parte e verso eventuali figli), indicati nella sentenza di divorzio, sia attento che spesso la persona divorziata tende a “rimuovere il passato” e, di conseguenza, a non assolvere in modo adeguato agli eventuali obblighi derivanti dalla precedente unione. È quindi importante richiamare i doveri della carità cristiana, della giustizia e soprattutto della collaborazione nell’impegno educativo dei propri figli.

4) Talora potrebbe essere utile contattare, con la dovuta riservatezza, il partner precedente per verificare l’effettivo mantenimento degli obblighi derivanti da quella unione e, in particolare, l’accordo nell’educazione dei figli. Con prudenza, ma anche con chiarezza, il parroco si accerti che la parte libera, che sposa una persona divorziata, sia a conoscenza degli eventuali doveri che il futuro coniuge ha nei confronti della precedente unione e non intenda opporsi al loro adempimento.

L’Ordinario del luogo
Esaminata la documentazione presentata dal parroco, giudichi l’opportunità di concedere la licenza. Oppure chieda al parroco di inviare i nubendi al competente Ufficio di Curia per altri accertamenti.