Una parola che illumina il cammino

II domenica di Quaresima (Anno A)

Gen 12,1-4; Sal 32; 2Tm 1,8-10; Mt 17,1-9


I giorni dell’uomo, nella loro figura quotidiana e comune, possono consumarsi, svanire, come la bellezza del fiore del campo. E se non vedi altro, attraverso e oltre questa bellezza fugace, se il tuo occhio e il tuo cuore si attaccano a quella forma fragile con il desiderio di trattenerla, con quella bellezza svanisce anche la tua vita.

Agli occhi di Abramo la sua vita poteva sembrare povera: sempre in fuga, senza una casa, una terra sua, ma solo pascoli provvisori.

Ma un giorno il cammino di Abramo cambiò senso. Il Signore parlò, e quella parola «trasfigurò» la sua vita: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò». Abramo credette a quella voce e partì: ma questa volta non per fuggire, non perché costretto dalle tristi necessità della vita, ma perché glielo aveva ordinato il Signore.

Anche Gesù fuggiva, respinto da incredulità e ostilità. Fuggiva dalle sinagoghe e dalle città, poi dalla Galilea. Ormai muoveva i suoi passi verso Gerusalemme. E quella sarebbe stata la sua definitiva emarginazione: lo crocifissero fuori dalle mura. Di questo Gesù ne parlava apertamente, ma era consapevole anche di un’altra figura della verità. E per conoscere quest’altro aspetto «prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro…».  Luce del volto, candore delle vesti: un tentativo imperfetto per dire l’indicibile. L’espressione di Pietro è più eloquente: «Signore, è bello per noi restare qui». Siccome il cammino verso Gerusalemme appariva tanto inquietante, era giustificato il desiderio di fermare quell’attimo di bellezza per restare sul monte.

Ma di quella luce che brilla sul monte non devi impossessartene: è questione di un attimo, quel bagliore; ciò che rimane per sempre è una parola, e quella parola trasfigura il cammino verso Gerusalemme. «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!».

Nel cammino della vita ognuno di noi ha dei momenti dove molto appare luminoso. Forse li dimentichiamo in fretta, come fossero illusioni. Ma sono quelli dove si mostra la figura vera della vita. Si tratta di imparare a tenere una parola, una promessa offerta in quelle occasioni e credere ad essa. Sarà proprio questa parola, volta per volta, ad indicarci i passi da compiere, a guidarci attraverso i pericoli, a discernere illusioni, a vincere tentazioni, a riprendere coraggio dopo una caduta, a guardare in alto e ritrovare un po’ di quella luce vista sul monte. Ed è una parola data con fedeltà, giorno dopo giorno, come la manna donata nel deserto. E in questa parola brillerà sempre la luce di quel volto ed essa continuerà ad illuminare la nostra vita, la nostra storia, il volto dei nostri fratelli. Forse non la percepiremo con quella intensità come sul monte: avrà bisogno di uno sguardo più attento. Ma anche se una luce è piccola, la sua forza è la stessa: bisogna avvicinarsi di più per lasciarsi illuminare. «Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: alzatevi e non temete. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo».

 

 

 

Immagine: Sieger Köder, La Trasfigurazione