«Se il tuo fratello ha qualcosa contro di te, va’ e riconciliati con lui»

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Sir 15,15-20; Sal 118; 1 Cor 2,6-10; Mt 5,17-37


Mi piacerebbe vedere nella celebrazione eucaristica una scena come quella narrata nel vangelo di Matteo: «Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono» (Mt 5, 23 – 24).

Se poi, tale riconciliazione avviene prima della celebrazione, lontano dallo sguardo dei fedeli, bene ugualmente.

Credo, però, che tale gesto sia difficile da compiere, così come impegnative, se non impossibili, sembrano tutte le indicazioni offerte da Gesù in questa pagina evangelica.

Del resto, non meno difficili da vivere erano i dieci comandamenti dati da Dio a Mosè.

Ma allora, Gesù, il nuovo Mosè secondo la lettura di Matteo, aggiunge ulteriori difficoltà invece di offrire un giogo leggero da portare? Aggrava le spalle dell’umanità con pesi impossibili?

Penso di no.

L’intenzione di Gesù è quella di invitare l’uomo ad aprirsi ad una pienezza di sensibilità umana e spirituale. Nel rapporto con Dio è certamente importante osservare la Legge. Ma quello non è lo scopo ultimo, è solo un mezzo per custodire e far crescere quel rapporto.

Del resto, nel legame con una persona ci sono sì delle regole di rispetto e di educazione da osservare, ma quelle regole non sono lo scopo e il senso di un rapporto reciproco.

‘Compiere la Legge’ – per usare un’espressione di Gesù – significa non limitarsi al minimo.

Le parole esigenti del Maestro sono un invito a non fermarsi alla superficie, ai comportamenti esteriori, ma ad essere più attenti alle intenzioni profonde, agli atteggiamenti interiori che ci abitano.

Nel cuore dell’uomo, un po’ alla volta, possono crescere le intenzioni cattive che poi diventano gesti dalle conseguenze estreme.

Si può non arrivare ad uccidere l’altro, ma i modi per ‘farlo fuori’ sono molti: escluderlo dalla propria vita, ignorarlo, calunniarlo ingiustamente.

Per ogni esempio portato da Gesù, l’intento è sempre quello di andare alla radice, sorvegliare sulle intenzioni che nascono e crescono in noi.

Per stare nel cammino proposto dal vangelo è necessaria la sincerità: con noi stessi, con gli altri, con Dio. Sincerità che è figlia di un linguaggio limpido che è ‘si’ o ‘no’.

In quella sincerità c’è la direzione del cammino da percorre non da soli, ma con l’aiuto dello Spirito, che come scrive san Paolo conosce e scruta non solo il nostro cuore e ogni cosa, ma «anche le profondità di Dio» (1 Cor 2,10).