Nm 6, 22-27; Sal 66; Gal 4, 4-7; Lc 2, 16-21

La benedizione, le tradizioni, la Madre

Maria SS. Madre di Dio

ll primo giorno dell’anno la liturgia ci invita a riflettere su questi aspetti:

1) il tempo che scorre alla luce della benedizione di Dio;

2) le tradizioni ebraiche quando nasceva un figlio (dare un nome e circoncidere);

3) guardare a Maria come la Madre di Dio.

 

1) Il canto del Te Deum è un invito a ringraziare.

Ma nei giorni appena trascorsi non sempre ci siamo comportati come i pastori che nel Vangelo glorificano e lodano Dio per ciò che hanno visto e udito. In certi avvenimenti non abbiamo saputo che cosa dire e abbiamo fatto silenzio, possiamo aver vacillato nella fede e nella speranza.

Il ricordare non deve diventare un esercizio di nostalgia, ma un invito a guardare al futuro nella speranza che gli eventi di ieri e di oggi trovino un senso.

«Il Signore faccia splendere il suo volto su di te», così si legge nella prima lettura: il tempo è benedetto da Dio.

A tutti può succedere di abbassare la testa per la vergogna, per non incrociare lo sguardo dell’altro per qualche errore compiuto. Mosè dice al suo popolo: «Alzate lo sguardo verso Dio che vi sorride, vi benedice e conduce al bene». In qualsiasi situazione della vita ti puoi trovare non abbassare lo sguardo, non aver paura di alzare gli occhi al Padre. San Paolo scrivendo ai Galati (II lettura) dice: «Voi siete figli, infatti Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida Abbà, Padre». Questa è la vera benedizione: agli occhi di Dio l’uomo è un figlio, per questo può stare davanti a Lui senza abbassare lo sguardo.

2) Giuseppe e Maria, con il piccolo Gesù, si comportano come tutti gli altri genitori, secondo le regole della società del tempo: il dare un nome e la circoncisione. La circoncisione (un’incisione nella carne), se da un lato rende Gesù un appartenente al popolo dell’alleanza, dall’altro afferma l’umanità del Figlio di Dio. Segni che ci dicono che l’incarnazione del Figlio non è una finzione, ma il reale abbassamento di Dio nella nostra condizione carnale e mortale, in un popolo preciso, mediante la nascita da una donna, come ogni figlio nasce da una madre.

La circoncisione è un segno che l’alleanza con Dio è incisa nella carne e quel sangue dice anche che noi occupiamo il nostro posto nella storia quando accettiamo – dopo aver ricevuto la vita – di «sanguinare», di versare la vita. Seguendo quel bambino che darà la vita, intuisci che la vita la trovi donandola.

Riceve un nome: Gesù, Dio salva. Quando i genitori danno il nome al figlio, in qualche modo esprimono un desiderio sul figlio. Il nome Gesù è indicato dall’angelo e indica il desiderio di Dio per l’umanità intera: che ogni uomo sia salvato in Cristo.

3) Contemplare il mistero di Maria come Madre di Dio.

Maria non identifica quel figlio come frutto della propria carne, ma come un dono che viene dato attraverso la sua persona. Se ci pensiamo, ogni maternità è divina, consapevoli della sproporzione di ciò che una madre dà ed è per un figlio e di tutta l’eccedenza di una vita che è affidata alle nostre mani senza mai essere nostra.

Per accogliere il mistero di un Dio che si fa carne e viene ad abitare il nostro tempo, è necessario essere come Maria e come i pastori.

Come Maria: «meditava e conservava». Noi sappiamo tante cose, ma non le facciamo nostre, non scendono nel nostro cuore.

Come i pastori: «andarono, videro, riferirono». A noi manca un po’ questa capacità di riferire, raccontare che Gesù è il Salvatore.

Iniziamo l’anno all’insegna della benedizione.

Dio dice bene di noi, nonostante i nostri limiti.

Tocca a noi, ora, saper benedire: Dio, l’umanità, il tempo, la terra.

 

Immagine: Arcabas