«Dammi di quest’acqua»

III domenica di Quaresima (Anno A)

Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5,1-2,5-8; Gv 4,5-42


«Dies irae, dies illa»: così inizia la sequenza attribuita a Tommaso da Celano che descrive il giorno del giudizio. Incipit che ai più probabilmente richiama alla mente la melodia del Requiem di Mozart.

In quel testo – che può provocare paura e sgomento – c’è una bella preghiera ispirata alla pagina evangelica di questa domenica: «Gesù, tu che sei compassionevole, ricordati che io sono causa del tuo viaggio: non mandarmi perduto nel giorno del giudizio. Nel tuo continuo cercarmi ti sei seduto stanco. Pur di salvarmi hai patito la croce. Così grande fatica non sia inutile, Signore».

Il vangelo ci presenta un Gesù che assetato e stanco per il viaggio, si siede presso un pozzo. E il viaggio di cui si parla nella composizione poetica del Celano, in senso simbolico può essere inteso come quello di Dio verso l’umanità. Un viaggio iniziato nei primi giorni della storia quando cercando l’uomo l’Altissimo dice «Adamo, dove sei?». Ed è anche comprensibile che in questa lunga ricerca dell’uomo, Dio si sia stancato da sedersi presso un pozzo.

Comunque, Dio sarà sì stanco ma ha ancora voglia di parlare con l’umanità: «So che deve venire il Messia», dice la donna. Risponde Gesù: «Sono io che parlo con te». Il Messia è lì, nell’immagine di un Dio che parla con l’uomo e che ha parole capaci di toccare il cuore, tanto da far venire fuori il buio che abita dentro di te. Come accade con questa donna che piano piano parlando con il Maestro si rivela nella sua verità.

«Dammi da bere», così dice Gesù alla Samaritana. Tu, donna, tu, uomo, puoi dare qualcosa a questo Dio assetato. Anche questo appartiene allo stile del Maestro: valorizzare ciò che è in te, chiederti qualcosa, anche poco, come un sorso d’acqua, cinque pani e due pesci.

E Gesù chiede l’acqua ad una donna che appartiene ad un altro popolo, è straniera e che viene da una vita tumultuosa. Il Maestro non la disprezza, non la condanna, non le fa nemmeno la morale. Semplicemente la accoglie e le apre orizzonti inaspettati.

Davanti a questo stile divino c’è che da incantarsi.

Pensiamo tra di noi cosa succede quando manifesti stima per chi ha attraversato terre di smarrimento; quando ti senti di chiedere qualcosa anche a chi non ha tutti i requisiti canonici. Ma questo è lo stile di Gesù, il suo modo per dire che la mia, la tua anfora non è senz’acqua.

Gesù incontra così, senza nessuna minaccia, ma seminando una curiosità, insinuando un desiderio: «L’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». Uno stile che permette uno spazio per le sorprese. Tant’è che i discepoli: «Si meravigliavano che parlasse con una donna».

Quella donna aveva sete d’incontrare un uomo così, per il quale il fatto dei cinque mariti non fosse fonte un pregiudizio. Agli occhi di quel profeta, quella donna intuisce che lei conta di più di tutti i suoi smarrimenti.

Nel capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry ad un certo il piccolo principe incontra un mercante di pillole preconfezionate che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere. «Perché vendi questa roba?», disse il piccolo principe. «È una grossa economia di tempo», disse il mercante. «Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano 53 minuti alla settimana». «E che cosa se ne fa di questi 53 minuti». «Se ne fa quel che si vuole…». «Io», disse il piccolo principe, «se avessi 53 minuti da spendere, camminerei adagio verso una fontana».

Spendiamo un po’ del nostro tempo per camminare verso quella fontana, quel pozzo che è la Parola di Dio, il Vangelo di Gesù. Conoscendo questo dono, chiederemo al Maestro: «Dammi di quest’acqua».